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  • EIN/FAES Seminar - The reform of the financial system - Brussels

    FAES – the Foundation for Social Research and Analysis – a free-market centre–right think tank, based in Madrid, has been working in collaboration with local academics, representatives of financial institutions, politicians, practitioners, and members of think tanks on a report the crisis of the financial system and possible options for reform. The draft report on the reform of the financial system will be presented by its coordinator Fernando Fernández, Chancellor of the Universidad Antonio de Nebrija. Given the global scale of the crisis FAES is keen to meet with members of the European Ideas Network to discuss the draft report in an international context, and to hear your reactions and receive your comments ahead of its final publication in July.

  • Intervento alla Camera dei Deputati del Ministro Tremonti sul caso Alitalia

    Pubblichiamo il resoconto dell’intervento del 10 settembre 2008 del Ministro Tremonti, Presidente del comitato scientifico della fondazione Res Publica, alla Camera dei Deputati, IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni, riguardante gli sviluppi del caso Alitalia. Quello di Alitalia è un caso su cui, in un tempo straordinariamente breve, si è sviluppata una vastissima quantità di materiali, tanto di materiali mediatici, quanto di materiali politici. I materiali mediatici hanno concentrato ed espresso un lavoro straordinario, prova non casuale dell’alta qualità del nostro sistema di informazione. Se ha, in specie, un difetto la massa di materiali mediatici finora elaborati è quello di essere insufficiente in modo quasi paradossale, insufficiente per eccesso I materiali politici nel loro insieme hanno elevato il caso Alitalia da caso industriale quasi a metafora generale, a simbologia positiva o negativa, analisi e insieme sintesi del Paese, quasi fosse un’autobiografia dell’Italia, tra passato, presente e futuro. Forse anche questo è eccessivo. Per valutare correttamente cosa è ora in atto, dal lato della vicenda proprietaria, va comunque fatto un passo indietro. L’ultimo piano industriale ordinario di Alitalia è stato elaborato nel secondo semestre del 2004, notificato dalla Repubblica italiana alla Commissione europea il 15 ottobre 2004, approvato dalla Commissione europea con decisione del 7 giugno 2005, presentato al mercato con prospetto informativo depositato in Consob l’11 novembre 2005 e successivamente sottoscritto per le corrispondenti quote tanto dallo Stato, quanto dal mercato, in coerenza tanto con i vincoli imposti dalla disciplina europea, quanto con le manifestazioni di interesse espresse dal mercato. Al 31 dicembre 2005, a valle di questo aumento di capitale, il bilancio di Alitalia evidenziava un patrimonio netto pari a circa 1,4 miliardi di euro. Ciò che dopo è mancato non sono stati, dunque, i mezzi finanziari, il Governo, l’azienda, o il mercato, ma è stato altro. Con grande onestà politica e intellettuale un segretario sindacale confederale il 23 agosto scorso ha dichiarato in un’intervista: «Era meglio accettare, ma noi sindacati fermammo Berlusconi». Fuori da ogni polemica, perché era meglio accettare? Per molte ragioni, ma soprattutto per una ragione: quello era l’ultimo piano autorizzato e autorizzabile dall’Europa in procedura ordinaria. L’11 febbraio 2006 vengono sciolte le Camere; il 9 e il 10 aprile 2006 vengono celebrate le elezioni politiche nazionali. Il Governo Prodi si insedia il 28 aprile 2006, e si attiva su Alitalia solo il 10 ottobre 2006. Nella stessa data, sul sito della Presidenza del Consiglio, a seguito di un incontro fra il Governo e i sindacati, si poteva, in specie, leggere quanto segue: «Trasporto aereo. Incontro tra Governo e sindacati sulla questione riguardante il trasporto aereo e, in particolare, sulla grave situazione di Alitalia. Entro il 31 gennaio del prossimo anno dovranno essere fatte le scelte riguardanti il futuro di Alitalia». In altri termini, quello che mi permetto di considerare un paradosso si manifesta nei termini che seguono: si ammette che la situazione di Alitalia è diventata grave, e tuttavia il Governo si concede una moratoria di quattro mesi. Nel testo dell’audizione del Ministro Padoa-Schioppa del 2 aprile 2008, laddove lo stesso Ministro parla della sua attività, si legge che il 23 gennaio 2007 egli formulò una lettera di procedura ordinaria per la presentazione di offerte preliminari e che, uno dopo l’altro, tutti i soggetti si ritirarono, fino a che, nel settembre 2007, venne nominata una grande banca internazionale – la Citibank – quale advisor finanziario. Dei ventotto soggetti così avvicinati, alla fine ne rimane solo uno: Air France-KLM. Nel testo della stessa audizione si legge che il 28 dicembre 2007, d’accordo con il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’economia e delle finanze espresse un orientamento favorevole all’avvio di una trattativa in esclusiva con Air France-KLM. Credo che ora sia di grande interesse rileggere quanto allora notato, a futura memoria, dal Ministro Padoa-Schioppa, sempre nella citata audizione: «…La gravità della situazione è nota a tutti. Eventuali iniziative di discontinuità che gli amministratori della società si vedessero costretti a prendere nella loro autonoma responsabilità, segnerebbero l’ingresso in una condizione che nessuno può augurarsi: non i viaggiatori, non i dipendenti della società, non i contribuenti, non la SEA, non la classe politica, non il sindacato, non l’immagine internazionale dell’Italia. Il passaggio all’amministrazione straordinaria non è mai facile, né di certa conclusione, né, soprattutto, privo di ricadute sul sistema. In assenza di prospettive di ristrutturazione si converte in fallimento. Nel caso di Alitalia è ipotizzabile che le circostanze descritte porterebbero a un ricorso alla legge Marzano, l’unica in grado di affrontare la crisi di una grande azienda. Si dice che la procedura prevista dalla legge Marzano consente la prosecuzione, sia pure in regime straordinario, dell’attività di impresa e, perciò, offre possibilità di risanamento che la procedura fallimentare non consente. Bisogna, però, essere consapevoli che in casi di crisi industriale essa potrebbe essere risolutiva soltanto se il commissario ponesse in essere iniziative di ristrutturazione immediata e molto radicali. Vi sono fondati motivi per presumere che tali iniziative dovrebbero essere davvero assai più radicali di quelle proposte». Nel frattempo, apprendiamo ora dal Ministro Bersani, che falliva anche il piano B. In un suo articolo pubblicato il 7 settembre scorso su Il Sole 24 Ore il Ministro Bersani ci informa di quanto segue, verbatim: «Sì, esisteva un piano B e me ne stavo occupando personalmente. Prevedeva l’immediato commissariamento ai sensi della legge Marzano, modificata solo e semplicemente nel rendere flessibili e rapide le possibilità di cessione e nel garantire, per un periodo breve, alcuni aspetti di operatività. Il commissariamento sarebbe avvenuto su tutto il perimetro di Alitalia, sarebbe stato affidato ad una personalità autorevole in campo nazionale e internazionale già individuata, sarebbe stato nel solco delle norme vigenti in materia di concorrenza, dei diritti di terzi, degli ammortizzatori sociali. Per questa via si riteneva non impossibile trovare una soluzione dolorosa ma accettabile, eventualmente già organizzata su offerte congiunte tra operatori internazionali e attori nazionali. Tutto precipitò, com’è noto, mentre ancora si tentava di perfezionare l’intesa con Air France». È un documento nuovo e importante per la conoscenza del caso Alitalia. Non conosciamo i dettagli del piano B: quali varianti avrebbe apportato alla legge Marzano, cosa voleva garantire in termini di operatività, quale commissario, quale cordata. Sarebbe davvero ancora utile conoscere questi elementi, se non altro per una riduzione dei fattori di contrasto, dato che sembra una ipotesi sostanzialmente simile a quella in atto (Commenti)… Io credo che sia un diritto, se così posso dire, da parte del Governo esprimere la propria opinione. Sarebbe davvero interessante conoscere quali emendamenti… Certo, ognuno può sostenere di realizzare emendamenti migliori dell’altro, di trovare commissari migliori, migliori cordate, ma sostanzialmente il meccanismo della legge Marzano, degli emendamenti a tale legge, delle deroghe, sia pure temporanee, ai meccanismi di licenza, di operatività, è… quello. C’è solo un curiosum, costituito dal fatto che si era comunque nel corso di una trattativa che il Governo, nel suo insieme, aveva stabilito dover essere in esclusiva con Air France. Non ci interessa, comunque, l’analisi storica delle cause e dei motivi di questi fallimenti. Abbiamo solo delle difficoltà ad accettare che la colpa sia data da chi allora c’era ed era al Governo a chi non era ancora al Governo. Nei termini dati dalla realtà, e a questa altezza di tempo, l’unico esercizio comparativo che ci pare serio fare non è quello basato su Air France-KLM, come se ci fosse e potesse ancora esserci quello che non c’è più, ma quello basato sull’alternativa tra una ipotesi industriale che appare ora comunque realizzabile e la liquidazione, altrimenti inevitabile. Fallita la trattativa con Air France-KLM, e proprio perché era fallita, il Governo Prodi ha formalmente preso atto della crisi di Alitalia e lo ha fatto con il decreto-legge n. 80 del 2008. Ciò che soprattutto rileva in questo testo è la presa d’atto dei drammatici problemi posti dalla necessità di garanzia «di un servizio pubblico essenziale, al fine di evitare interruzione nella sua continuità territoriale»; la presa d’atto dei «problemi» di ordine pubblico; la volontà di «contenere le conseguenze sistemiche di rilevanza prioritaria per la politica del trasporto aereo e per il sistema economico del Paese, che si determinerebbero a seguito del blocco del trasporto aereo»; la volontà di non compromettere «il processo di privatizzazione di Alitalia»; la parallela presa d’atto della «gravissima situazione finanziaria di Alitalia come risulta dalle informazioni rese al mercato per far fronte all’immediato fabbisogno di liquidità indispensabile per la continuità dell’attività aziendale ordinaria nel breve periodo. La criticità della situazione risulta aggravata…». In sostanza e in sintesi, per evitare tutto quanto sopra, in ragione di interessi pubblici ritenuti prevalenti – ovvero la continuità del trasporto aereo e la continuazione del processo di privatizzazione di Alitalia – il decreto-legge n. 80 ha introdotto una normativa speciale, alternativa e/o sostitutiva di quella ordinaria, per evitare una altrimenti inevitabile procedura di crisi. Il Governo Berlusconi ha ottenuto la fiducia del Parlamento il 15 maggio 2008; da allora sono passati poco più di cento giorni. Il decreto-legge n. 23 del 2008 è del 27 maggio ed è stato approvato nel nostro primo Consiglio dei Ministri solo per rendere utile il decreto-legge n. 80. Va notato che, se nel prestito ponte si ravvisano profili di aiuto di Stato vietato perché in contrasto con le regole europee, questi sono radicati nel decreto-legge n. 80 e non nel nostro successivo decreto-legge. La procedura di infrazione europea è infatti iniziata subito sul decreto-legge n. 80. I successivi decreti-legge n. 97 e n. 134 stanno centrando proprio gli obiettivi essenziali previsti all’origine dal decreto-legge n. 80: evitare la crisi Alitalia per scongiurare il blocco del trasporto aereo e finalizzarne la privatizzazione. Se necessario, risulta agli atti la documentazione relativa alla tempistica, da cui si evince come la procedura di contestazione europea inizi immediatamente dopo il decreto-legge n. 80, prima dell’insediamento del Governo Berlusconi e della formulazione del decreto-legge modificativo del n. 80. La procedura di privatizzazione è in atto in queste ore e le relative informazioni sono rese in forma ufficiale e in tempo reale. Il Governo riferirà in Parlamento in ragione delle sue specifiche competenze. Mi permetto di formulare alcune considerazioni particolari in ordine ai punti principali del dibattito politico finora sviluppato. È stato rilevato come la procedura in atto abbia un costo per il bilancio pubblico. Mi permetto di invertire i termini del problema. Per il bilancio pubblico, la procedura in atto ha l’effetto opposto, quello proprio e tipico dello stop loss: non crea perdite, ma interrompe il processo di formazione di nuove perdite. Senza, continuando come prima, ammesso che fosse o sia comunque possibile continuare come prima, o come finora, il costo per il bilancio pubblico sarebbe stato, sarebbe molto maggiore. L’ideale sarebbe avere il trasporto aereo e scaricare le passività finora accumulate su qualcuno. La realtà, invece, è che: esistono passività accumulate; c’è bisogno del trasporto aereo ordinato in una logica di sistema: non c’è un acquirente disposto a rilevare insieme passività accumulate e trasporto aereo. Se ci fosse qualcuno disposto a farlo, avrebbe potuto farlo, potrebbe farlo, è ancora in tempo per farlo. Sfortunatamente, non c’è nessuno disposto a farlo. Questa è purtroppo la realtà data, una realtà profondamente diversa da quella in essere alla fine del 2005. Una realtà, quella che abbiamo davanti, per cui, in ragione dell’interesse pubblico essenziale ad un trasporto aereo concepito in una logica di sistema, si impone la necessità di finalizzare un’operazione ex legge Marzano nelle migliori condizioni possibili. Condizioni che non esistono in astratto, ma solo nel concreto della realtà oggettivamente in essere. Al riguardo è possibile comunque effettuare alcuni conti specifici. A giugno 2001, data di inizio del primo Governo Berlusconi, il valore di Borsa per azione di Alitalia era pari a 1,4 euro. Non è dunque esatto quanto pubblicamente dichiarato, ovvero che un’azione Alitalia valesse in Borsa 10 euro. Come è stato detto, e concordo, «per riportare un po’ di serenità bisogna stare al vero al vero». Nel maggio 2006, data di fine del primo Governo Berlusconi, incorporando gli andamenti di Borsa prodotti dalle Torri gemelle e in generale dall’andamento dei corsi di borsa, il valore di Borsa di un’azione di Alitalia era pari a 1,042 euro, un differenziale di valore assolutamente fisiologico, evidentemente diverso da quello oggetto di polemica (Commenti). Tutti i corsi di borsa hanno avuto quell’andamento. Nel successivo periodo di tempo, dall’insediamento alla crisi del Governo Prodi, il patrimonio netto di Alitalia è passato da 1,4 miliardi di euro a zero. Corrispondentemente, si è azzerato il valore delle azioni Alitalia. Ciò vuol dire che la non risoluzione della crisi Alitalia, protratta per tutti i 22 mesi di durata del Governo Prodi, ha distrutto valore per un pari importo. E questa è una prima voce di costo, insieme pubblico e privato. Le sorti del prestito-ponte, operato iniettando liquidità dal bilancio pubblico in Alitalia, dipendono dall’esito della contestazione europea sul decreto-legge n. 80. Si noti: questo non vuol dire che il prestito-ponte sia stato di per sé irrazionale. Vuol dire che è stato, a valle, la conseguenza necessaria di una politica di inerzia protratta per 22 mesi, un altro modo per distruggere valore. Il costo per regimi di assistenza sociale va ancora calcolato, ma per noi è ragionevole l’ipotesi che sarebbe stato minore se fosse stato realizzato il piano industriale ultimo ordinario possibile del 2005. Va infine e soprattutto aggiunto che, in assenza dell’intervento in atto, al costo erariale dovrebbe essere aggiunto il costo reale, che sarebbe generato dal blocco del trasporto aereo nazionale, un costo reale ed enorme considerata l’attuale permanente assenza di altre soluzioni attese o ipotizzate come magicamente provenienti dal mercato. Soluzioni che in realtà ad oggi sono del tutto assenti. È vero che l’Italia è, nell’universo del trasporto aereo mondiale, l’ottavo mercato mondiale, ma non è affatto detto – è tutto da provare – che dal mercato planino sulla crisi di Alitalia altri nuovi operatori, stranieri o italiani, comunque disposti a farsi generosamente carico delle nostre esigenze di sistema. A tale proposito, c’è una buona definizione di «compagnia di bandiera» ed è quella data nella sua audizione dal Ministro Padoa-Schioppa: «Nel trasporto aereo la compagnia di bandiera è quella che assicura la maggior parte dei collegamenti aerei all’interno di un Paese e verso l’estero». È stato detto che l’operazione in atto non escluderebbe la più o meno immediata cessione di Alitalia a terzi o a stranieri. Una cessione che potrebbe essere prossimamente operata sopra, con la cessione della proprietà della società, o sotto, con la cessione della sua attività. Non è propriamente così. Per quanto è noto, il lock-up societario non è un patto parasociale, ma una componente strutturale dello statuto sociale della società presentatasi all’offerta. Una sua modifica richiederebbe una maggioranza qualificata del 66 per cento. Analoga maggioranza qualificata sarebbe richiesta per eventuali delibere di cessione a terzi dell’attività aziendale sottostante, cessione che infatti costituirebbe modifica sostanziale dell’oggetto sociale, per cui sarebbe richiesta la stessa maggioranza. Questi vincoli li valutiamo insieme necessari e sufficienti. Altri vincoli non sarebbero compatibili con la normativa europea. In ogni caso va notato che la società offerente è oggi composta da 18 soggetti, di cui: 5 società sono quotate in Borsa; 2 sono tra i più importanti fondi di private equity italiani con partner nazionali e internazionali; 2 società hanno fatturati pari a molti miliardi di euro, realizzati in diversi Paesi del mondo; altri sono imprenditori seri e credibili. È stato ipotizzato che l’operazione in atto contrasti con i princìpi fondamentali del mercato, basato su competitività e concorrenza. Ma cosa è il mercato: è quello che si stilizza nei libri o quello che si trova nella realtà? In Germania, Lufthansa ha circa il 90 per cento del mercato interno tedesco, in Francia Air France-KLM ha circa il 65 per cento del mercato interno francese, e cosi via. La nuova Alitalia avrebbe certamente molto meno rispetto a queste percentuali. Sono fuori dal mercato in Germania e in Francia o siamo fuori dal mercato in Italia? Chi è attento al mercato e alla concorrenza dovrebbe – credo – piuttosto considerare un dato fondamentale diverso. Ed è che, a partire dall’anno prossimo, la vera concorrenza Italia su Italia a favore dei consumatori non sarà tra vettori aerei, ma tra aereo e treno, data la capacità del treno di assorbire su tratte intorno alle 3-4 ore quote significative dei volumi di traffico aereo, come su Londra-Parigi, Londra-Manchester, Parigi-Marsiglia e Madrid-Siviglia. Infine, si è detto e scritto, credo, troppo a proposito di conflitti di interesse, identificati anche extra ordinem, ovvero anche fuori dal vigente sistema legale. Credo che, a forza di vedere conflitti di interesse anche dove la legge li esclude, finiremo per essere un Paese che ha sempre più conflitti su cui litigare e sempre meno interessi su cui crescere. Grazie.

  • EIN Summer University 2008 - Fiuggi

    Il Gruppo del PPE-DE ha tenuto la settima edizione dell’ Università estiva annuale dell’European Ideas Network (EIN), la rete delle fondazioni europee vicine al PPE-DE, a Fiuggi che si è svolta da giovedì 18 a sabato 20 settembre. La tradizionale Università estiva dell’EIN rappresenta un forum privato per un’approfondita discussione politica. Nel corso di una serie di tavole rotonde e sessioni plenarie, i partecipanti hanno discusso sul tema: “Il mondo nel 2025: Un posto per i Valori in un mondo d’incertezze”. Una lista eccezionale di oratori: François Fillon, Primo Ministro Francese, Silvio Berlusconi, Primo Ministro Italiano; Wilfred Martens Presidente del PPE ed ex Primo Ministro del Belgio; José Manuel Durão Barroso, Presidente della Commissione europea; Hans-Gert Poettering, Presidente del Parlamento europeo; Franco Frattini, Ministro degli Affari Esteri d’Italia ed ex Commissario europeo; Antonio Tajani, Vice presidente della Commissione Europea e Commissario responsabile per i Trasporti e Rodrigo Rato, ex Direttore generale del Fondo Monetario Internazionale. Sono state organizzate due speciali sedute plenarie sui temi ‘l’Economia globale e il suo futuro’ e ‘Valori europei o valori universali?’ I principali temi trattati sono stati: i valori: quale è il posto per i Valori in un mondo in rapido cambiamento? I nostri valori sono “universali” o “europei”? la situazione economica globale: quali ulteriori conseguenze del crollo del mercato creditizio? sui valori immobiliari? Una recessione globale? Che cosa ci aspetta? la Presidenza Francese: che cosa possiamo aspettarci su temi chiave come l’immigrazione è il cambiamento climatico? Il 18 settembre, Joseph Daul, Presidente del Gruppo PPE-DE al Parlamento Europeo, ha aperto i lavori dell’Università estiva, affiancato da Jaime Mayor Oreja, Vice-presidente del Gruppo PPE-DE, responsabile della Strategia politica e dell’European Ideas Network, da Stefano Zappalà e Iles Braghetto, capi della Delegazione italiana del Gruppo PPE-DE. L’European Ideas Network è un gruppo di riflessione paneuropeo aperto, creato nel 2002 dal Gruppo PPE-DE al Parlamento europeo. Questo network riunisce politici, imprenditori, accademici, giornalisti, consiglieri politici ed esperti esterni, per discutere alcune delle principali problematiche con le quali è confrontata oggi l’Europa. Coordina anche le attività congiunte di oltre quaranta think thank nazionali e le fondazioni politiche in tutta l’Unione europea.

  • Incontro con Diego Visconti

    Diego Visconti, Presidente Accenture International, a ‘59 minuti con…’ interviene su “Come operare in un mondo multipolare”. Continua ad essere apprezzata l’iniziativa di Respublica che riunisce intorno a un tavolo figure di spicco del mondo sociale ed economico. Relatore dell’incontro del 14 ottobre è stato Diego Visconti, che ha illustrato il suo punto di vista su come operare nel mondo della globalizzazione. Visconti si è appoggiato ad uno studio presentato dalla sua società in occasione del World Economic Forum a gennaio 2008. Il tema è di grande attualità da qualche anno ed è trattato quotidianamente da vari autori e giornalisti. La presentazione di Visconti non manca di stupire per la chiarezza ed il rilievo dei dati sulla crescita economica dei paesi emergenti. Il dito è puntato sul trasferimento di potere che non sarà più concentrato unicamente nelle mani di Stati Uniti ed Europa ma si sta disperdendo tra una moltitudine crescente di nuovi attori come ad esempio i fondi sovrani. Uno dei problemi sollevati è quello delle risorse umane. Queste ultime iniziano a scarseggiare (per esempio mancano ingegneri qualificati) a causa delle carenze del sistema educativo e della forte concorrenza nella ricerca dei talenti. Anche le risorse energetiche diventano più difficili da trovare e c’è bisogno di soluzioni alternative come l’energia verde. La gestione delle persone e del consumo di energia sono due elementi cruciali per il successo di tutte le aziende anche se di medio-piccole dimensioni. Le PMI, che sono prevalenti nel nostro paese, devono puntare ad integrarsi tra di loro per sfruttare i vantaggi delle aggregazioni insieme al valore della qualità ed innovazione italiane. Infine, operando in un mondo multipolare si deve far leva sulla delocalizzazione di alcune funzioni nei paesi esteri e sugli investimenti per le infrastrutture che sono la spina dorsale dell’economia.

  • Incontro con Massimo Mucchetti

    Massimo Mucchetti a 59 muniti fa il punto sulla crisi finanziaria americana Martedì 30 settembre ha avuto luogo il secondo incontro di “59 minuti con…” l’iniziativa che mira a riunire intorno a un tavolo giovani imprenditori e personalità del mondo sociale ed economico. Relatore dell’incontro, Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera, che ha illustrato cause ed effetti dell’attuale crisi nell’economia americana anche alla luce della recente bocciatura del piano Paulson da parte del Congresso. Mucchetti ha sottolineato come la crisi odierna richieda un ripensamento di fondo delle logiche che hanno guidato il mercato in questi anni e che sono state in parte assorbite, pur con differenti gradi, dalle principali economie avanzate. Si è dibattuto quindi sui rischi di un’economia “dopata” che non rispecchia la realtà, e sulle possibili soluzioni che potrebbero essere implementate, sia oggi che nel futuro, per limitare gli effetti della crisi, ed essere maggiormente preparati per affrontare le sfide di domani. Non sono mancati durante l’incontro collegamenti e raffronti con il sistema europeo ed italiano e sulla sua capacità fronteggiare la crisi.

  • Incontro con Michele Perini

    Lo scorso 9 settembre si è tenuto l’incontro inaugurale di “59 minuti con” il nuovo progetto della fondazione Res Publica, che mira a riunire intorno a un tavolo giovani imprenditori e protagonisti del mondo sociale e industriale italiano. Il relatore del primo incontro è stato Michele Perini presidente di Fiera Milano Spa. Nel corso dell’intervento si è dibattuto sull’importanza di Fiera Milano, seconda al mondo solo ad Hannover, sia per il paese sia, con 5 milioni di visitatori l’anno, per l’area milanese. La mancanza di infrastrutture di collegamento adeguate, in parte previste ma non ancora realizzate, rappresenta una sfida da portare a termine in tempi rapidi per il definitivo successo di Fiera Milano. L’occasione dell’Expo 2015 è quindi un appuntamento irrinunciabile per dotare la città e la fiera dei collegamenti necessari. Per il futuro Fiera Milano pone al primo posto l’internazionalizzazione attraverso joint venture già attivate con le principali fiere del mondo allo scopo di entrare in mercati sempre più importanti quali quello cinese, indiano russo e mediorientale.

  • Seminar EIN/PPE - What are the challenges for the European energy policy? - Brussels

    Nel corso del seminario organizzato dal Partito Popolare Europeo e da EIN a Bruxelles, il 7 febbraio, il Commissario europeo Andris Piebalgs ha tenuto un discorso sulla politica energetica. Di seguito la trascrizione: Ladies and gentlemen, The world today is facing a massive energy and environmental challenge, a challenge that is particularly acute for Europe. Let me first consider energy security. According to the IEA, on a business-as-usual scenario, world energy demand is set to increase by more than 50% by 2030. As the IEA states: “the ability and willingness of major oil and gas producers to step up investment in order to meet rising global demand are particularly uncertain….rising oil and gas demand, if unchecked, would accentuate the consuming countries’ vulnerability to a severe supply disruption and resulting price shock”. It is becoming increasingly clear that without real and effective action we will simply end up consuming more, polluting more and emitting more CO2. The potential effects of this on Europe must be cause for concern – our dependence on imported oil and gas is growing. Today we import about 50% of our energy. By 2030, if we do not act, it will be 65%. The potential effects of this on our economy are serious. And this continual increase in energy consumption is not just a threat to the global economy. Climate change is serious and it is happening today. The scientific evidence is unanimous and is overwhelming. On present trends, the world’s output of CO2 – which accounts for 75% of all greenhouse gases, will increase by 55% by 2030. The EU’s emissions are set to increase by 5% during this period. If we let this happen the results on or environment, on our economy, and our way of life will be tremendous; not only for developing countries but also Europe. The evidence is clear: - the ice caps and glaciers are already melting, and this is just the beginning. This is set to accelerate, causing rising sea levels. A 1 meter rise would be serious for Europe, yet alone numerous cities around the world. The consequences in terms of potential refugees is serious; - increases in temperatures will have very serious effects in many areas, on the standard of living, on disease and water availability and on agriculture. And these increases will be higher in some areas than others. The potential effects in Southern Europe and particularly Africa must be of concern to us all. If we allow this to happen, we will leave a legacy to our children and grandchildren. CO2 that we emit today stays in the atmosphere for 100 years. Climate change is real, it will affect us all, and it will damage the lives of our children and grandchildren. We have caused it, but now have to prevent it. Acting now is a moral and economic obligation, not an option. Furthermore, the present direction of Europe’s energy policy will fail to contribute to Europe’s competitiveness. The EU today is world leader in many energy technologies, but we are now being out-spent in research in new, low carbon technologies. This is a missed opportunity. Today, the EU does not have a common energy policy fit to deal with these challenges. Once again, without such a vision and a coherent European framework, we will end up using more energy, importing more energy, emitting more CO2 and we run every risk of having fragmented national electricity and gas markets dominated by a single or handful of companies. In many respects, this is surprising, because energy is at the very origins of the creation of the EU. The original Messina Declaration, of 1955 stated that “To these ends, the ministers have agreed on the following objectives: …putting more abundant energy at a cheaper price at the disposal of the European economies…” The first EC Treaties dealt with coal and then nuclear – the key energies of the time. Yet the present EU Treaty has no specific provisions on energy at all similar to those for agriculture, fisheries and transport. The need for a new European Energy Policy is self-evident. These are challenges that no Member State can deal with alone. Indeed, in many respects they are challenges that Europe cannot deal with alone – climate change and exploding energy demand are global problems, requiring a global response. This has been recognised by the EU’s Heads of State and the European Parliament, asking the Commission to put forward exactly such a European Energy Policy, which the Commission has tabled on January 10th. This proposes the most wide-ranging reform of Europe’s energy policy ever attempted, fundamentally changing the direction in which we are heading. The energy package put forward by the Commission contains a core strategic energy objective contained in the Strategic Energy Review and is accompanied by a concrete Action Plan to achieve it, based on 7 main documents: - the Internal Market Review and final conclusions of the Sectoral Competition Enquiry; - the Action Plan on Energy Efficiency; - the Long Term Renewables Road Map and Renewable electricity and Biofuels Reports; - the Communication preparing a Strategic Energy Research Initiative; - the Priority Interconnection Plan; - the Communication on Sustainable Fossil Fuels; - the Illustrative Nuclear Programme. The point of departure is a key objective: we redirect our energy policy to enable the EU to achieve a 20% reduction of the greenhouse gas emissions that it produces by 2020 compared to 1990 levels. This unilateral 20% target needs to be seen in the context of the need for international action on climate change. When such a commitment will exist, the EU will need to do more, with an increased target of 30% reduction by 2030 and 60-80% by 2050. But we cannot do this alone. We need however, in our own interest, to take the steps to achieve the 20% target today. Even without global warming, we should be making such a step: the 20% objective can limit the EU’s growing exposure to increased volatility and prices for oil and gas, bring about a more competitive EU energy market, and stimulate technology and jobs. It is however a huge challenge: in energy specific terms, meeting this overall greenhouse gas target will require the EU to reduce the amount of CO2 from its energy use by at least 20%, and probably more, in 13 short years. It means therefore progressively transforming Europe into a highly energy efficient and low CO2 energy economy. It is means nothing less than a new industrial revolution. The Commission therefore proposes not just a new strategic target to shift the direction of Europe’s energy policy. It has equally tabled a concrete, coherent Action Plan: 7 inter-linked measures that will put us on course to achieve all three underlying objectives – competitiveness, sustainability and security of supply. The first of these concerns the Internal Energy Market. Without an Internal Energy Market that is truly characterised by intense European-wide competition, none of the EU’s core energy objectives will be achieved. Prices will be higher than necessary, the emissions trading mechanism will fail to work properly, and companies will have the ability and incentive to limit investment in new infrastructure, inter-connection capacity and generation, increasing the risk of black-outs and unnecessary price surges. So far, the present rules and measures have not yet achieved our objectives. The lack of progress is leading Member States to impose generalised caps on electricity and gas prices. This situation cannot continue. I consider that a coherent series of measures now need to be taken. The first of these measures concerns unbundling. Without effective separation of networks from competitive activities there is an inherent risk not only of discrimination, but possibly more importantly, of a disincentive on vertically integrated companies from investing adequately in their networks. There are two options that might be considered to redress this: a full Independent System Operator or ownership unbundling. Of this two, I believe that ownership unbundling is clearly the preferable option. Secondly, the Commission proposes an improvement in the effectiveness of energy regulation. Regulators must be given not only the task of promoting the effective development of their national market, but also that of promoting the development of the Internal Energy Market. In addition, despite the creation of the European Regulators’ Group for Electricity and Gas (ERGEG), insufficient progress has been made in harmonising the technical standards necessary for cross-border trade to function. A step change is necessary, and formal decision-making powers should now be given to a new body set up at Community level, with the power to adopt binding decisions on technical issues and mechanisms relating to cross border trade. An alternative possible, but less ambitious approach, would be to significantly strengthen the existing ERGEG. It is worth noting, however, that these changes would not seek to create a “European Regulator”, national regulators would remain individually responsible for the core regulatory tasks such as tariff setting. In addition to these two key measures, new measures are proposed in four areas: - Transparency: new measures setting minimum requirements to be respected by all EU companies, similar to that already adopted for telecommunications; - a new Energy Customers’ Charter with the goals of tackling fuel poverty, improving the level of information available to citizens and protecting customers from unfair selling practices; - Network security: As you can see from the slide behind me, recent failures in network security have to be prevented in the future, they affect us all and are unacceptable. The new Community Transmission System Operators mechanism should also be tasked with proposing common minimum security standards. These would become binding following approval by energy regulators; - Infrastructure: identifying the most significant missing infrastructure and ensuring pan-European political support to make progress. Putting these proposals into practice requires difficult decisions to be taken. But this has to happen if we to are guarantee the development of a European Energy Market that really meets the needs of Europe’s citizens. The Commission will table formal legislative proposals – the third liberalisation package – during 2007. The second key area of the new European Energy Policy concerns solidarity between Member States and security of supply for oil, gas and electricity. The Commission will monitor implementation of the Gas Security Directive recently transposed by Member States and assess its effectiveness and examine ways to strengthen existing crisis solidarity mechanisms. In addition, it will consider how the EU’s contribution to the IEA’s strategic oil stocks mechanism could be improved. The third area for concrete action proposed by the Commission concerns an ambitious programme of energy efficiency measures at Community, national, local and international level. Of all the proposals put forward in the new European Energy Policy, efficiency has the potential to make the most decisive contribution to the EU’s sustainability, competitiveness and security of supply. On 19th October 2006 the Commission adopted the Energy Efficiency Action Plan, to achieve a 20% improvement in energy efficiency by 2020. This would mean the EU using approximately 13% less energy in 2020 than today, saving €100 bn and around 780 millions tonnes of CO2 each year. This is truly ambitious, and we should not underestimate the difficulty in achieving it. The challenge will be now to take this forward. In addition, in the coming months the Commission intends to put forward the basis of a new international agreement on energy efficiency. This could bring the OECD and key developing countries (such as China, India and Brazil) together to agree common approaches to saving energy. We should aim at signing such an agreement during the Beijing Olympic Games. The potential energy saving and CO2 reduction is enormous – improved energy efficiency alone could cut around 20% of current global CO2 emissions. I would now like to discuss the fourth concrete area where the Commission proposes concrete action: renewable energy. It is a simple fact that if we do not shift in our energy mix in a major way towards renewable energy over the next 13 years and beyond, we will have no chance whatsoever of reducing greenhouse gas emissions by 20%. So a major increase in renewable energy is a precondition for meeting our core energy objective. But we should be doing this even if climate change was not happening. Together with energy efficiency renewable energy is practically the only way that we can limit our increasing dependence on imported hydrocarbons. Sweden has produced very interesting ideas on how to make Sweden an oil free society. To meet these challenges the Commission proposes that a commitment is made to increase the level of renewable energy in the EU’s overall mix to 20% by 2020. Targets beyond 2020 would be assessed later in the light of technological progress. This is tremendously ambitious. Despite agreeing an EU objective of ensuring that 12% of our energy mix is renewable by 2010, we are unlikely to exceed 10%. There has been real progress, particularly in wind and biofuels, but this has been concentrated in a few countries. So the Commission is proposing nothing less than a new industrial revolution in energy policy. It is however also possible, with major increases in wind and the development of a major off-shore European supergrid and more biomass for heating. Biofuels will also need to become a real and every day part of the lives of European citizens. Today I visited a petrol station here in Stockholm with biofuels – we need more! However, to make it a reality, it requires three things. - Firstly, real commitment by Member States, not just promises. This means legally binding targets. - Secondly, we need to get the cost of renewable energy down. This is an opportunity for Europe as much as it is a challenge. The global market for renewable and low carbon energy technologies is expanding. - Thirdly, given the level of ambition of these targets, each Member State should have a legally binding national renewable energy target, but within this, they should be free to determine the precise mix between renewable electricity, biomass for heating and cooling, and biofuels. However, a minimum and common biofuel target of 10% of the fuel mix by 2020 is necessary for all Member States. A new Umbrella Directive will be put forward by the Commission in 2007 to make this a reality. Until this is adopted, the current rules and targets will remain in place. I would now like to return to research, the next key part of the European Energy Policy. It is a regrettable fact that Europe is not the clear leader in research into the next generation of low carbon and renewable technologies. In 2007 the Commission will therefore table a European Strategic Energy Technology Plan. This will set clear objectives and targets for Europe’s energy research and technology, such as developing second generation biofuels and getting large scale offshore wind competitive. These are just examples, in 2007 we shall propose a concrete programme to better coordinate existing resources, to use them in a more targeted and focussed manner and, where necessary, invest more. The European Spring Council of 2008 will need to conclude on this. A related issue concerns the next area where the Commission believes progress needs to be made: moving towards a low CO2 fossil future. The IEA expects twice as much electricity to be produced from coal by 2030. That would release around 5bn tonnes of CO2, representing 40% of the expected increase in global energy-related CO2 emissions. Put quite simply, without clean coal and capture and storage, the most pessimistic scenarios regarding global warming put forward by scientists – an increase of 6°C above current levels – look practically certain to occur. This would be truly disastrous. For Europe as well, without these technologies from 2020 onwards, we will not be able to meet our greenhouse gas emissions objectives. In our own interest therefore, we need to take world leadership in this area. In addition to clean coal and sequestration being key elements of the Strategic Technology Initiative, the EU needs to provide a clear vision for the introduction of CO2 capture and storage, to establish a favourable regulatory framework for its development, and to take international action. Vattenfall is involved in one of the first CO2 capture and storage facilities in Europe. In 2007, therefore, the Commission will start work to design a mechanism to stimulate the construction and operation by 2015 of up to 12 large-scale fossil fuels demonstration plants in the EU. The Commission believes that, in principle, by 2020 all new coal-fired plants will need to be fitted with CO2 capture and storage and existing plants should then progressively follow the same approach. I would now like to turn to the role of nuclear in the European Energy Policy. First, some facts. At present nuclear electricity makes up 30% of EU electricity, 50% in Sweden. It raises important issues regarding waste and decommissioning, but is the largest EU low-carbon energy source today, and also one of the cheapest. It has relatively stable costs, uranium reserves are sufficient for many decades and they are widely distributed around the globe. It is for each Member State to decide whether or not to rely on nuclear electricity. However, in the event that the level of nuclear energy reduces in the EU, it is essential that this reduction is phased in with the introduction of other low-carbon energy; otherwise the objective of cutting Greenhouse gas emissions will be doubly difficult to meet. In short, the EU needs an objective debate on this issue; there are no longer – aside from energy efficiency – any easy energy choices and the challenge we face is enormous. At EU level, the role should be to develop further the most advanced framework for nuclear energy in those Member States that choose nuclear power. This should include nuclear waste management and decommissioning. In order to make progress the Commission proposes to establish an EU High Level Group on Nuclear Safety and Security. Finally, I would like to consider the need for a common External EU Energy Policy. Global warming is a global challenge and improved security of oil and gas supply will only result from real international action. The EU can set the pace on these issues, but it needs to bring other partners onboard. We can only do this if Europe speaks with one voice. Many of the priorities to be pursued in this area have already been identified and discussed by the Heads of State. I would like to highlight which should be our main priorities: - first of all co-operation with our neighbours, starting with the Energy community, and with the Euro-Mediterranean partnership; - then permanent dialogues with our main suppliers: Russia, Norway and Algeria; - OPEC and the countries of the Gulf region; - countries of the Black and Caspian Seas; - main consumers such as US, China and India; - and last, but not least, Africa. As a first step a comprehensive Africa-Europe Energy partnership should be developed, launched through a joint event at the highest level in 2007. In addition, the energy developments that will take place in Europe over the next two decades represent real opportunities for improving the lives of the world’s poorest. The recent oil price rises have effectively cancelled the effect of development aid in some countries. Africa in particular offers a unique opportunity to use renewable energy technology in a competitive manner. This is a real “win-win” opportunity, increasing the penetration of clean renewable energy and bringing electrification to some of the world’s poorest citizens. A special effort will be needed in Sub-Saharan Africa. Ladies and gentlemen, Taken together, these 7 areas represent the Action Plan, the concrete basis for a new European Energy Policy. It is truly ambitious. It is a vision of Europe with a thriving and sustainable energy economy, that has grasped the opportunities behind the threats of climate change and globalisation, gained world leadership in clean, efficient and low-emission energy technologies and become a motor for prosperity and a key contributor to growth and jobs. It is the beginning of a new industrial revolution in energy. To achieve this vision we need to act jointly and urgently. As I stated many times during this presentation, this is not just a challenge, it is an opportunity, and I am convinced that for those who seize it, the rewards will be great. Let us do so. Thank you.

  • EIN Summer University 2006 - Lione

    the European Ideas Network is the open pan-European think tank established in 2002 by the EPP-ED Group in the European Parliament. The network brings together politicians, businessmen, academics, think tankers, journalists, policy advisers and outside experts, to discuss some of the major issues facing Europe today. It also coordinates the joint activities of over forty national think tanks and political foundations across the European Union. The EIN’s traditional Summer University – now in its fifth year – offers a private forum for detailed policy discussion, operating through working groups and plenary sessions, where active debate and free exchange of views are the order of the day. It will be preceded by our third European Ideas Fair: a public forum to show-case speeches on forward-looking themes by leading political and intellectual figures, with roundtables on “Globalisation: Facing the Asian Challenge” and “The European Agenda for Revival”. A variety of major international speakers will be contributing to the meeting.

  • EIN Review meeting 2006 - Atene

    Il Constantine Karamanlis Institute for Democracy (CKID), fondazione partner di European Ideas Network (EIN) ha organizzato l’incontro di medio termine per la preparazione della Summer University di Lione (settembre 2006).

  • EIN Summer University & European Ideas Fair 2005 - Lisbona

    European Ideas Network – il think tank pan-europeo creato dal gruppo PPE-DE del Parlamento europeo – nasce come luogo di unione di politici, accademici, giornalisti, imprenditori, consiglieri politici ed esperti esterni per la discussione delle maggiori questioni che riguardano la politica dell’Unione europea. Seguendo il successo ottenuto nelle precedenti summer universities a Oxford (2002), El Escorial (2003) e Berlino (2004), a Lisbona si svolgerà un meeting a porte chiuse per un libero scambio di opinioni. La Summer University sarà seguita da un forum pubblico chiamato European Ideas Fair che prevede la partecipazione di intellettuali ed esponenti politici di primo piano ed offre un’opportunità di dibattito ai think tank e alle fondazioni del centro-destra sulla base dei lavori svolti e delle prospettive di lavoro congiunto.

  • Seminario - L'opzione nucleare per l'Italia nel contesto europeo

    Presso la Casa dell’Energia di via Po n.3 si svolgerà il workshop che si propone di analizzare il settore energetico italiano e di inserire il dibattito sul nucleare nel quadro europeo. I lavori sono aperti dal vice-Ministro Guido Possa (MIUR) e seguiranno gli interventi sul ruolo della ricerca e dell’Università (Politecnico di Milano – CESME, CNR, ENEA), sulla sicurezza e l’impatto ambientale (Ministero dell’Ambiente, SOGIN) e sui bisogni e le aspettative dei principali soggetti economici del settore: industria fornitrice, utilities e imprese “energivore”. Scopo del workshop è di aprire un costruttivo, apartisan e non ideologizzato dibattito sul tema , considerando i vari aspetti connessi “all’opzione nucleare”. Il Vice Ministro Guido Possa e il Direttore Generale del MAP Sergio Garribba, hanno confermato la loro attiva partecipazione al workshop, mentre il ruolo di Ricerca e Sviluppo e il ruolo di Ambiente e sicurezza, sarà trattato da importanti rappresentanti di istituzioni pubbliche. Per quanto riguarda la sessione relativa alla “Posizione dell’Industria”, è prevista una breve panoramica delle tecnologie e degli impianti che in un futuro prossimo l’industria nucleare mondiale può offrire. Nelle sessioni “ Posizione delle Utilities” e “I Grandi Clienti” sono previsti dopo una presentazione di EDF del loro “progetto nucleare”, gli interventi dei produttori italiani e dei rappresentanti degli energivori. Questa vuole essere una prima tappa di un percorso per approfondire seriamente,nell’ambito di una politica energetica, la problematica del nucleare, tenendo anche in conto la sicurezza degli approvvigionamenti dei combustibili fossili come evidenziato in questi giorni. Conclusioni: La maggioranza dell’opinione pubblica, come gli operatori del settore, sono concordi nel ritenere che una possibile opzione nucleare rientra in una auspicabile politica energetica che, date le tempistiche del settore energia, deve avere orizzonti lunghi che vanno al di là di una legislatura politica. E’ quindi necessario un approccio apartisan che esamini e preveda, un possibile piano nucleare; senza interventi politici e regolamentativi è difficile che una opzione nucleare possa partire. Devono essere espresse leggi per incentivare e facilitare un possibile sviluppo del nucleare e trovare regioni disposte ad accettare impianti sul proprio territorio. Il fatto che la maggioranza della popolazione sia a favore del nucleare non comporta però, automaticamente la facile possibilità di l’installare un impianto in un dato territorio. Una volta individuati i possibili siti bisogna iniziare una campagna ad hoc, presentare il problema, affrontare una discussione e soprattutto presentare dei pacchetti di compensazione. In quest’ottica di notevole importanza è il ruolo dei Comuni, come l’operazione Green field ha dimostrato, in un periodo in cui la devolution, ha modificato i rapporti decisionali tra centro e periferia. Per quanto riguarda invece il problema del licensing and permitting la soluzione auspicabile sarebbe la non ricostituzione di competenze che sono ormai disperse ed eventualmente affidarsi ad organizzazioni efficienti all’estero. Per quanto invece riguarda la situazione italiana dal punto di vista energetico dipendiamo per l’85% da materie prime energetiche importate, percentuale destinata ad aumentare. Nel settore elettrico, dall’era dell’oro bianco dell’idroelettrico si è passati all’oro nero petrolio ed ora la tendenza attuale è spiccatamente a favore del gas che contribuisce ad oltre il 50% della produzione di energia elettrica in Italia con ulteriore incremento nei prossimi anni dato il “dominio” dei cicli combinati. Il prezzo del gas è legato al prezzo del petrolio il quale nel futuro non ha prospettive di diminuzione ma di converso ad essere oggetto di aumenti, questo è un ulteriore fatto a favore del nucleare. In aggiunta al costo delle materie prime energetiche, occorre considerare la sicurezza degli approvvigionamenti “security of supply” ben nota in questi giorni per il gas, e considerare gli effetti ambientali; tali fattori sono, a favore di un’opzione del nucleare. Per quanto attiene più specificatamente ai problemi ambientali, senza considerare i dibattiti tra chi ritiene l’effetto serra un problema concreto e chi invece non è di questo avviso, a livello pratico i certificati della CO2 sono oggi nell’ordine di euro 24 alla tonnellata. Ciò porta delle penalizzazioni del carbone nell’ordine di euro 20 al MGWH prodotto e per il gas nell’ordine di euro 8/10. Per quanto attiene all’importante problema dell’informazione e comunicazione c’è innanzitutto da premettere che siamo in un’era caratterizzata da una mancanza di corretta informazione e comunicazione. Il problema deve essere affrontato con gli strumenti adatti: se la maggioranza della popolazione fatica ad accettare l’energia nucleare per colpa di pregiudizi ormai radicati nella società e non razionali, non possono essere utilizzate lunghe formule o ragionamenti ingegneristici, ma, oserei dire, occorrerebbe l’utilizzo di psicologi. Il problema va comunque affrontato in modo serio in quanto, anche se in base ad un referendum ANIE, il 54% della popolazione si è mostrata favorevole al nucleare, la presenza di un’esigua fetta di contrari nel territorio in cui dovrebbe essere costruito un impianto potrebbe bloccare la realizzazione del medesimo (ed abbiamo tanti esempi in Italia). Per quanto riguarda l’industria manifatturiera del settore essa è fondamentalmente radicata in alcuni paesi esteri. ANSALDO ha fatto presente la sua collaborazione con alcuni di questi fornitori. I fornitori hanno fatto presente che per reattori di dimensioni variabili da 1000/1500 megawatt l’investimento è dell’ordine di euro 1100 al kilowatt installato. Trattasi, evidentemente, di valori che si riferiscono ad investimenti programmati di una certa ampiezza. Il nodo centrale per l’economicità del nucleare è infatti rappresentato dalla possibilità di realizzare/ordinare più di una unità nello stesso sito e molteplici centrali: vi è la grande convenienza, quindi, a sfruttare un effetto serie (Bernard EDF). Trattasi di effetti scala notevoli che porterebbero, se non a dimezzare i prezzi, a forti abbassamenti dei medesimi. In Italia tali effetti scala possono essere raggiunti unicamente tramite un approccio consortile con accordi tra più utilities /investitori. Tale approccio è stato vantaggiosamente utilizzato in Finlandia ed ha portato con una riduzione del rischio, ad una riduzione dei tassi ed a contratti di lungo termine tra consumatori e fornitori. Anche le aziende italiane dovrebbero impegnarsi ad esaminare tale possibilità, e mi sembra dagli interventi (Edison, Energia) siano emersi dati positivi, come pure dai grossi consumatori (Acciaieri e Cementieri). Per quanto attiene alla ricerca, fondamentale è l’approccio alla medesima per vedere di aumentare la nostra presenza in progetti internazionali come “Generation IV”, avendo però la visione di concentrarsi su progetti che diano risultati a breve termine (Pedrocchi). Per quanto riguarda l’inserimento dell’Italia in un piano nucleare Garribba ha sottolineato l’importanza di farlo rientrare in un piano europeo, sia per quanto riguarda la sicurezza, sia per il licensing, sia per allargare i consorzi a livello europeo per abbattere i costi di fornitura. Per quanto riguarda la quota futura nel nucleare nel campo della produzione di energia elettrica è chiaro che, sebbene ci siano grossi investimenti da parte di alcune nazioni, Francia, Cina, Russia, il forte aumento dei consumi porta all’utilizzo di altre fonti (gas, carbone). La Cina, per esempio, dei 70.000 megawatt entrati in servizio nel 2005, ben 60.000 realizzati con centrali a carbone, e nessuno frenerà la Cina a breve dal continuare su questa strada. E’ chiaro quindi che, in questa visione, il nucleare, anche se aumenterà di volume nei prossimi anni tenderà a diminuire la propria share attuale. L’industria italiana – es. ENEL – con investimenti all’estero sta riprendendo competenze nella gestione e completamento di impianti nucleari. ANSALDO vanta partecipazioni in varie attività specifiche all’estero. Per quanto riguarda la disponibilità di tecnici nel settore l’Università (Lombardi) ha portato dati incoraggianti; esiste ancora un nocciolo duro sul quale si può contare. Inoltre si laureano in Ingegneria Nucleare ancora 100 Ingegneri all’anno. E’ stato rilevato come un reinserimento del nucleare avrebbe una ricaduta, non solo sul nucleare stesso ma anche su altre tecnologie ed in altri settori. Visto quanto sopra, l’incontro di oggi va visto come un primo passo di un lungo percorso che avrà successo se politici ed investitori prenderanno impegni seri nel settore.

  • EIN Seminar - “EU Governance: How to improve Accountability and Popular Involvement?”- Brussels

    Il 1° giugno, presso la sala A3E2 del Parlamento europeo di Bruxelles, si svolge il seminario del Gruppo di Lavoro Group 8 di European Ideas Network (EIN) dal titolo “EU Governance: How to improve Accountability and Popular Involvement?”. Dopo l’apertura dei lavori da parte degli eurodeputati Inigo Mendez de Vigo e Alain Lamassoure, si apre la discussione tra Elvire Fabry (Fondation pour l’innovation politique), Ben Crum (Free University of Amsterdam), Stefano Riela (Università Bocconi) e György Schôpflin (MEP, EPP-ED Group).

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