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- Seminario - Lombardia e Veneto: due modelli di sanità pubblica a confronto
Giancarlo Ruscitti (Segretario regionale Sanità e Sociale della Regione Veneto) e Carlo Lucchina (Direttore Generale Sanità della Regione Lombardia) si sono confrontati in un incontro organizzato dalla Fondazione ResPublica sui temi del federalismo e dell’efficienza nel sistema sanitario nazionale e regionale. Lombardia e Veneto rappresentano due regioni virtuose nell’ambito della sanità e sono tra quelle che hanno tratto i maggiori benefici dalla devolution iniziata negli anni ’90. Il sistema veneto si è strutturato in maniera da garantire un’elevata capillarità di interventi sul territorio, puntando in particolare sul coinvolgimento dei comuni. Al fine di un’ottimizzazione delle procedure e delle spese, la gestione di alcuni processi avviene a livello regionale attraverso un approccio collaborativo tra gli enti coinvolti. Il sistema lombardo possiede una caratteristica unica, ossia da circa dieci anni divide l’erogatore del servizio dal programmatore dello stesso. Anche in questa regione vi è una collaborazione con i comuni ed è sempre più difficile individuare il confine tra l’assistenza sanitaria e quella sociale. La Lombardia privilegia la libertà di scelta del cittadino di individuare la struttura migliore, pubblica o privata, per la propria salute. A livello nazionale, la situazione dei sistemi sanitari è decisamente eterogenea (un esempio è il diverso livello d’informatizzazione delle procedure) e le sfide che le regioni sono chiamate ad affrontare sono molteplici, a cominciare da un efficiente sviluppo delle capacità gestionali e di management.
- Incontro con Roberto Formigoni
Lo scorso 2 marzo si è tenuto un incontro con Roberto Formigoni, Presidente della Regione Lombardia. Il suo intervento ha avuto per oggetto tre temi di grande interesse sia per il Paese che per la Regione Lombardia, ovvero la crisi economica, il ruolo degli investimenti infrastrutturali per la competitività del territorio e il federalismo. Nonostante l’attuale scenario internazionale di crisi economica, la Regione Lombardia sta reagendo meglio meglio di altre realtà. Anche a livello di governo regionale sono state adottate varie misure aventi lo scopo di ridurre gli effetti sull’economia e sul benessere dei cittadini e di sostenere le imprese. Nel campo degli investimenti pubblici, di rilevanza strategica per contrastare la crisi, particolare rilievo deve essere dato a quelli infrastrutturali, in grado di avere ricadute positive in diversi settori. Importante obiettivo per la Regione è infatti anche quello di ridurre il gap infrastrutturale tra la Lombardia e le altre regioni. Per quanto riguarda il federalismo, la Regione Lombardia ha sostenuto una riforma ispirata da criteri di efficienza e premialità per le amministrazioni e le aree virtuose del paese in grado di interrompere l’evoluzione crescente della spesa che si è avuta negli anni.
- Incontro con Enrico Cisnetto
Enrico Cisnetto, editorialista, opinionista e presidente della Fondazione Società Aperta, a “59 minuti con…” fa il punto sulla situazione economica in Italia. Martedì 24 febbraio ha avuto luogo un altro incontro di “59 minuti con…”, l’iniziativa della Fondazione che riunisce attorno ad un tavolo giovani imprenditori e figure di spicco del mondo sociale ed economico. Secondo il relatore, Enrico Cisnetto, sulla genesi della crisi mondiale che stiamo vivendo si è molto dibattuto in questi mesi, mentre ancora poco si è evoluta la discussione sulle possibili soluzioni applicabili. Nel nostro Paese, le conseguenze della crisi internazionale si sono sommate ad un contesto di “declino strutturale” cominciato negli anni Novanta, quando non si è riusciti a cogliere i cambiamenti determinati dalla caduta del muro di Berlino, dalla globalizzazione, dalla moneta unica europea e dalla creazione di nuovi strumenti finanziari sui mercati internazionali. In Italia si sono conservati i modelli industriali e sociali ereditati dal passato, non in linea con le nuove sfide mondiali. Allo stato attuale possiamo però affermare che in questa crisi vi è stato il superamento della contrapposizione tra liberisti e statalisti sul ruolo dello stato nell’economia, nella consapevolezza che oggi è impensabile non ipotizzare un coinvolgimento pubblico. Nella situazione italiana, caratterizzata da elevato debito pubblico, si è creata la contrapposizione tra chi invoca una spesa significativa rimandando i problemi legati alla crescita del debito, e chi preme sulla necessità di evitare una sua ulteriore esplosione. Per ora l’emissione di nuovo debito sembrerebbe una strada da evitare secondo la maggioranza degli economisti, a meno che la crisi non si prolunghi. Per contrastare la recessione si è pensato di intervenire con una manovra di spesa pari ad un punto percentuale del PIL. Tuttavia un intervento potrebbe dirsi efficace solo se pari ad almeno 200 Mld di euro (12% del PIL). Le fonti per reperire una tale cifra sono note, in quanto si tratta delle maggiori voci di spesa del nostro Paese: la previdenza, la sanità, l’apparato istituzionale e il debito pubblico. 1) Per reperire fondi dalla previdenza sarebbe necessario un aumento significativo dell’età pensionabile. Si potrebbe “approfittare” dello stato di emergenza dovuto alla crisi per attuare queste riforme, anche se la percezione presso la popolazione della gravità della crisi non è tale da rendere possibili azioni di questo tipo. 2) La spesa sanitaria pesa per circa la metà sulla spesa totale e l’allocazione della responsabilità, passata a livello regionale, ha contribuito ad un aumento significativo di questa, accompagnato dalla scarsa trasparenza sui costi. 3) La questione istituzionale si collega alla svolta federalista in atto. Per ora i maggiori poteri nelle mani degli enti locali hanno comportato un aumento della spesa pubblica o ostacolato decisioni prese dai livelli più a monte con conseguenti sprechi di denaro. Tra le varie ipotesi si potrebbe considerare l’abolizione delle province (ipotizzabili in 17 Mld di minori spese) e l’accorpamento dei Comuni più piccoli, ma anche di alcune Regioni, in modo da creare dei bacini, in linea per esempio con le dimensioni dei Lander tedeschi. 4) La riduzione del debito consentirebbe di ridurre l’entità degli interessi passivi pagati (nel 2008 erano pari a 80 Mld di euro). La proposta del Prof. Guarino relativa alla creazione, e alla quotazione in borsa, di una società ad hoc detentrice di tutti i beni e delle attività pubbliche consentirebbe una riduzione del debito del 30% circa. Nel nostro Paese esiste anche un problema “politico” per il quale il sistema maggioritario è responsabile di un dualismo e di un’alternanza costante che impediscono di dare vita a governi di coalizione con ampie maggioranze sui temi sensibili. Inoltre, la crisi sta attualmente “mordendo” un numero limitato di persone e gli appelli all’ottimismo da parte del governo funzionano sulla percezione diffusa, per questo è ancora difficile toccare i quattro punti sopra esposti. Una volta ottenute le risorse aggiuntive, rimarrebbe però il problema della loro allocazione. Tra le necessità più urgenti vi è la definizione di una chiara politica industriale basata su una strategia di lungo periodo, facendo dell’Italia un hub per i rapporti tra l’Europa occidentale e l’Asia, valorizzando il settore turistico, ristrutturando il settore manifatturiero e investendo in mobilità, infrastrutture ed energia.
- 6th Annual Conference of the Center on Capitalism and Society - “Emerging from the Financial Crisis”
The 6th Annual Conference of the Center on Capitalism and Society at Columbia University, “Emerging from the Financial Crisis” took place in New York City on February 20th. A combination of distinguished policymakers, bankers, regulators, journalists, and academics met for the day. Members of the Center, including its Director, Edmund Phelps, and Foreign Members took key roles in the conference, as did Members of its Advisory Board and its Chairman, Peter Jungen. The Hon. Paul Volcker, currently Chairing President Obama’s Economic Recovery Advisory Board, was the luncheon speaker. The dinner speaker was the financier and philanthropist George Soros. Dr. Josef Ackerman, Chairman of Deutsche Bank, gave concluding remarks. Three Nobel Laureates, Robert Mundell and Joseph Stiglitz as well as Phelps, spoke during the day’s panels. An immense range of views became apparent regarding the main causes of financial crisis and, correspondingly, what could be done to pull the economy out of it. There was debate on the kind of restructuring of the financial sector that was needed, and debate on the sorts of regulations the reformed system would require. There was a debate on whether the so-called global imbalances were the underlying cause and what adjustments to imbalances would be desirable. Finally, there was a debate on the new administration’s plans for public investment and job creation. During the day, there were provocative and creative proposals for financial reform. There was a call for a return to “narrow banking.” There was also an appeal for recreation of classic “investment banks” dedicated to supporting both long-term investment and innovation projects in the business sector. There were demands for strengthening the international lender of last resort by providing more resources to international financial institutions, demands for the creation of an international regulator or supervisor of the financial sector, and for dealing with tax havens and other uncooperative jurisdictions. The Hon. Christine Lagarde, Minister of the Economy of France made a plea for coordination, both in policy and in establishing the new regulatory and supervisory system. The issue of how the Fed and other central bank functions have shifted amid the crisis was discussed and proposals were made for “exit policies” from non-traditional activities going forward. The issue of whether central banks should focus on keeping consumer price inflation in check or whether they should also focus on asset price inflation was also discussed. The issue of simplicity versus transparency of financial instruments was debated, with some blaming the complexity of the financial instruments, rather than the lack of transparency. In coming weeks, the Center on Capitalism and Society intends to review these proposals and present a white paper for further debate about different options on what to do going forward to emerge from the financial crisis and regain the dynamism that the U.S. economy has lost.
- EIN Seminar - “What values should Europe promote in the world?” - Brussels
This seminar held in Brussels on 16 February 2009 considered some of the underlying reasons behind the current economic and social crisis by considering the place of values in the current debate and in the global community. Stefano Riela, Fondazione ResPublica, discussed Economic and Social Values, whilst René Leray, Professor of the Institut d’Etudes Européennes, focused on question of peace and human security. The wider global context was considered in more detail by Nicolas Tenzer, Director of CERAM, who outlined the key long term factos of influence of Europeans in the world, and Erna Hennicot-Schoepges MEP, who analysed the importance of a dialogue of cultures. Jan Olbrycht MEP and Inigo Mendez de Vigo MEP looked at the political and governance dimension.
- Incontro con Sergio Romano
Sergio Romano, ambasciatore e storico, a “59 minuti con…” racconta gli ultimi sviluppi e le radici storiche del conflitto arabo-israeliano. Martedì 5 febbraio ha avuto luogo un altro dei consueti appuntamenti dell’iniziativa della Fondazione “59 minuti con…” che avvicina i giovani imprenditori a personalità del mondo sociale ed economico. In questa occasione, Sergio Romano, ha spiegato che secondo lui il conflitto scoppiato a Gaza alla fine del 2008, dopo un lungo periodo di attacchi da parte di Hamas, ha avuto sicuramente anche motivazioni politiche in vista delle elezioni per il governo di Israele. Questo conflitto si inserisce pienamente nella tipologia delle guerre del XX secolo che hanno visto un coinvolgimento sempre maggiore delle popolazioni civili, le quali vengono sollevate verso i governanti e si combatte per indebolire il fronte interno. Cominciare un’offensiva prima di un grande evento mediatico quale l’insediamento del nuovo presidente statunitense Obama ha permesso a Israele di chiudere velocemente le polemiche sulla guerra e sull’eccesso di forza utilizzata. Ma in una guerra asimmetrica, quando il grande non vince – come in questo caso – è il piccolo a vincere; Israele, con il suo attacco, ha legittimato Hamas come interlocutore e autorità del territorio palestinese. Israele è certamente un’anomalia all’interno dell’area medio-orientale; se confrontato con i vicini, è una democrazia, seppure molto frammentata e che necessita di ampie coalizioni per garantire la governabilità. Il paese inoltre si trova in una situazione difficile non solo politica ma anche demografica. Nella Palestina mandataria vivono circa 11 milioni di persone (5,5 milioni di arabi e 5,5 milioni di ebrei), mentre un milione di arabi vive addirittura all’interno dello Stato ebraico e, nonostante godano formalmente degli stessi diritti dal punto di vista sostanziale, sono comunque discriminati rispetto ai cittadini israeliani. Secondo Romano, una strategia vincente per Israele sarebbe sostenere il governo di Abu Mazen in modo da legittimarlo nei confronti di Hamas agli occhi delle popolazioni. La presenza di Israele in Medio Oriente è da considerarsi altresì anomala perché è uno Stato connotato da una religione; alla proclamazione dello Stato ebraico in Italia il sostegno era stato quasi unanime, da un lato in quanto la sua costituzione era una rivisitazione delle pretese nazionalistiche sperimentate anche dal nostro Paese durante il risorgimento, dall’altra pesava fortemente sulla coscienza europea la tragedia dell’Olocausto. Al tempo non si considerò però che non si costituiva lo Stato di Israele ma lo stato degli ebrei in un’area islamica. E’ interessante vedere quale ruolo ha l’Iran in questa vicenda. Non bisogna ritenere che Hamas sia un braccio dell’Iran e quindi considerare questa guerra un conflitto “per procura” tra quest’ultimo e gli Stati Uniti (che sono tra i principali finanziatori di Israele a cui destinano circa 5 Mld di dollari l’anno spesi per la gran parte nell’industria bellica, con ingenti forniture provenienti dagli stessi Stati Uniti). I rapporti tra Israele e l’Iran possono essere buoni: l’Iran non è antisemita ma antisionista (anzi circa 20.000 ebrei vivono nel Paese ed hanno diritto ad un rappresentante in Parlamento) e i rapporti durante il regno dello Scià erano ottimi. L’affermazione di Ahmadinejad alle elezioni è stata una conseguenza della delusione per il governo di Khatami eletto nel 1997 come il grande riformatore. Il presidente attuale appartiene alla generazione della guerra con l’Irak dell’88, ed è il primo presidente non chierico dell’Iran post-rivoluzione del 1979, quindi si serve degli Ayatollah per legittimarsi. La società civile iraniana oggi appoggia il programma nucleare di Ahmadiejad; l’Iran infatti è molto ricco ma non possiede la tecnologie di raffinazione (tipicamente americane, ma colpite dall’embargo) e quindi è costretto a importare benzina e carburanti. Da un punto di vista economico l’Iran potrebbe aver diritto a sviluppare il nucleare e anche dal punto di vista militare, in quanto circondato da Paesi “nucleari” (Israele, India, Russia e ora gli americani in Irak e Afghanistan). Più paesi con una dotazione nucleare sono evidentemente un rischio, ma va considerato che l’arma nucleare non si usa in attacco; il primo Paese che dovesse usarla sarebbe immediatamente annientato dalla comunità internazionale. Ci si dota dell’arma nucleare per guadagnare più peso e potere geopolitico e negoziale. Neanche il vicino Irak sembra essere stabilizzato. Dopo Saddam Hussein, che in quanto sunnita rappresentava una garanzia di unità del Paese, adesso il governo degli sciiti difficilmente potrà tenere insieme i sunniti sconfitti e dei curdi che hanno ambizioni indipendentiste finora domate con aiuti statunitensi. In questo contesto, un Paese che oggi si colloca al guado tra Occidente e Oriente è la Turchia. Fino a poco tempo fa si pensava che il partito del presidente Gül e del premier Erdogan, sebbene islamico, fosse sufficientemente laico per traghettare la Turchia in un’Unione Europa che, a partire dal secondo dopoguerra e soprattutto negli ultimi anni, ha contribuito ad alimentare la speranza di adesione. Oggi la Turchia si è forse resa conto che l’UE non è pronta e forse non vuole accoglierla (con posizioni fortemente contrarie di paesi come Francia e Austria) e che i lunghi negoziati sono solo un rimandare la questione a tempi da definire. La netta presa di posizione del premier turco contro Israele espressa ultimamente a Davos sembra quindi un segnale da parte della Turchia a porsi come paese chiave a guida del mondo islamico.
- EIN Seminar - “Eighty years after the crash of 1929: what lessons for today?” - Brussels
Under the Chairmanship of Jaime Major Oreja, Vice Chairman of the EPP-ED Group, responsible for Political Strategy and the European Ideas Network, this special joint seminar with FAES placed the current financial crisis in a wider historical context. Professor Jean-Christophe Defraigne, Institute of European Studies, FUSL -UCL, reflected on the lessons to be drawn from the way the 1929 re-ordered the world economic order. Professor Pedro Schwarz, Faculty of Economics, Universidad San Pablo CEU, Madrid, looked its long-term legacy of the crash. Alain-Gerard Slama, Philosopher and Historian, Sciences Po, Paris, analysed its political and ideological impact.
- EIN Seminar - “The social agenda” - Brussels
This seminar broadened the EIN’s work on the financial crisis by considering its social impact, focussing on employment and particularly on opportunities for the young and old. The opening address was given by Alain Lamassoure MEP, former French Minister for European Affairs; on the subject of ‘Mobility and freedom of choice: a real world agenda for European mobility’ based on a report he had submitted to President Sarkozy. Dirk Hudig, Chairman of EIN Working Group on Employment, Skills and Human Capital, spoke on ‘Job creation: Preparing for the Recovery: focusing on job creation and SMEs’. Johan Bortier, UNIZO, looked at the challenges faced by those in self-employment: Branislav Stanicek, Administrator RELEX, Committee of the Regions, addressed the question of the young generation whilst Philippe Brongniart, former Director General, Suez Group, considered the needs of older citizens. Gilles Dryancour, Director, Government relations, John Deere & Company, gave a stimulating and thought-provoking presentation on the need to reform social security systems. The meeting was closed by a keynote address by Jacques Barrot, Vice-President of the European Commission, on the efforts to pursue a society of progress for the individual in the face of the crisis.
- Seminario - “Il ruolo dell’Industria dell’Energia Rinnovabile in Europa”
Lunedì 15 dicembre si è tenuta, presso la Casa dell’Energia di Milano, la conferenza “Il ruolo dell’Industria dell’Energia Rinnovabile in Europa”. L’obiettivo della conferenza, di cui alleghiamo il programma, è stato quello di commentare gli esiti del Consiglio Europeo del 12 e 13 dicembre insieme al mondo delle imprese nonché ad esponenti delle istituzioni europee ed italiane. Il dibattito ha messo il focus sul ruolo, punti di forza e di debolezza, dell’industria italiana per lo sviluppo dell’infrastruttura tecnologica per le energie rinnovabili. La conferenza è stata organizzata dalla Fondazione Res Publica su invito della Fondazione del PPE, Centre for European Studies (CES) (http://www.thinkingeurope.eu) e Costantinos Karamanlis Institute for Democracy (http://www.idkaramanlis.gr).
- Nuovo libro FAES: “Causas y remedios de las crisis económicas. El debate económico Hayek-Keynes”
La Fondazione FAES pubblica un libro di José Luis Feito dal titolo “Causas y remedios de las crisis económicas. El debate económico Hayek-Keynes, 70 años después”. Negli anni Trenta del secolo scorso, Hayek e Keynes tennero un appassionante dibattito sui rimedi principali per risolvere la crisi della Grande Depressione. Quegli eventi, che cambiarono la storia economica, rivestono oggi un carattere di grande attualità di fronte agli effetti della grave crisi finanziaria in atto. José Luis Feito analizza entrambe le crisi e le differenti politiche economiche che derivarono dalle strategie analitiche di uno e dell’altro autore.
- Incontro con Massimo Mucchetti
Massimo Mucchetti a 59 muniti fa il punto sulla crisi finanziaria americana Martedì 30 settembre ha avuto luogo il secondo incontro di “59 minuti con…” l’iniziativa che mira a riunire intorno a un tavolo giovani imprenditori e personalità del mondo sociale ed economico. Relatore dell’incontro, Massimo Mucchetti, vicedirettore del Corriere della Sera, che ha illustrato cause ed effetti dell’attuale crisi nell’economia americana anche alla luce della recente bocciatura del piano Paulson da parte del Congresso. Mucchetti ha sottolineato come la crisi odierna richieda un ripensamento di fondo delle logiche che hanno guidato il mercato in questi anni e che sono state in parte assorbite, pur con differenti gradi, dalle principali economie avanzate. Si è dibattuto quindi sui rischi di un’economia “dopata” che non rispecchia la realtà, e sulle possibili soluzioni che potrebbero essere implementate, sia oggi che nel futuro, per limitare gli effetti della crisi, ed essere maggiormente preparati per affrontare le sfide di domani. Non sono mancati durante l’incontro collegamenti e raffronti con il sistema europeo ed italiano e sulla sua capacità fronteggiare la crisi.
- Incontro con Diego Visconti
Diego Visconti, Presidente Accenture International, a ‘59 minuti con…’ interviene su “Come operare in un mondo multipolare”. Continua ad essere apprezzata l’iniziativa di Respublica che riunisce intorno a un tavolo figure di spicco del mondo sociale ed economico. Relatore dell’incontro del 14 ottobre è stato Diego Visconti, che ha illustrato il suo punto di vista su come operare nel mondo della globalizzazione. Visconti si è appoggiato ad uno studio presentato dalla sua società in occasione del World Economic Forum a gennaio 2008. Il tema è di grande attualità da qualche anno ed è trattato quotidianamente da vari autori e giornalisti. La presentazione di Visconti non manca di stupire per la chiarezza ed il rilievo dei dati sulla crescita economica dei paesi emergenti. Il dito è puntato sul trasferimento di potere che non sarà più concentrato unicamente nelle mani di Stati Uniti ed Europa ma si sta disperdendo tra una moltitudine crescente di nuovi attori come ad esempio i fondi sovrani. Uno dei problemi sollevati è quello delle risorse umane. Queste ultime iniziano a scarseggiare (per esempio mancano ingegneri qualificati) a causa delle carenze del sistema educativo e della forte concorrenza nella ricerca dei talenti. Anche le risorse energetiche diventano più difficili da trovare e c’è bisogno di soluzioni alternative come l’energia verde. La gestione delle persone e del consumo di energia sono due elementi cruciali per il successo di tutte le aziende anche se di medio-piccole dimensioni. Le PMI, che sono prevalenti nel nostro paese, devono puntare ad integrarsi tra di loro per sfruttare i vantaggi delle aggregazioni insieme al valore della qualità ed innovazione italiane. Infine, operando in un mondo multipolare si deve far leva sulla delocalizzazione di alcune funzioni nei paesi esteri e sugli investimenti per le infrastrutture che sono la spina dorsale dell’economia.