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News - L'arcitaliano: nuova visione per l'Italia (da Panorama)

Giulio Tremonti ha cambiato partita. Gioca seriamente da leader, ha abbandonato il mestiere della tecnica economico-finanziaria, si occupa di idee. Non che non si occupasse di idee anche da prima: Tremonti scrive libri, apre scenari nuovi e commenta da intellettuale sofisticato storia e attualità da molti anni. Ma tende a essere sempre meno un tecnico e sempre più un politico, come si dice, «a tutto tondo». Il centro della sua nuova riflessione, affidata al testo di una lectio magistralis tenuta ai giovani del suo partito (Il Foglio del 18 luglio), è semplice da capire e difficile da non condividere: l’economia è ormai abbastanza grande e globale da badare a se stessa, come diceva Ronald Reagan dell’immenso deficit federale americano quando lanciò la sua offensiva liberista antitasse. L’unico vero discrimine che resta è quello fiscale, per il resto (come insegna la Germania della grande coalizione e come mostrano i confusi dibattiti sul modello sociale di sviluppo in tutta Europa, Italia compresa) le soluzioni sono le stesse per destra, centro e sinistra. Ma la questione della visione di società, e del rapporto con la tradizione e con il passato, diventa la nuova sottile linea rossa che separa un potere efficace e decisionista, capace di offrire rassicurazione senza cavalcare la paura, e un potere chiacchierone, demagogico, che si muove sulla scia della generale perdita di autorità della politica e dello stato (il modello insuperato di questo tipo di potere è il prodismo, il contromodello provvisorio è Nicolas Sarkozy).

Insomma, i valori. O, per dir meglio, i criteri di buona vita, una maniera di organizzare il presente e il futuro compatibile con le radici di identità e di cultura di una civiltà. Questo è quel che conta, dice il professore, determinato ormai a usare quelle formule ispirate al profetismo civile che sono tipiche di un uomo di stato. La critica del «mercatismo», così lo chiama Tremonti, che sembrava un modo opportunistico di tradire il liberismo economico governando con qualche sconto un paese e una coalizione complessi, come è avvenuto nei cinque anni del governo Berlusconi, prende da queste idee di base una nuova luce. Le tasse vanno ridotte, il potere elefantiaco dello stato va diminuito e nettamente ridimensionato, ma la scelta è per un regime politico in cui ci sia spazio per il governo culturale delle istituzioni e per una riflessione seria sui costumi e gli stili di vita.

Tremonti usa una formula di aut aut molto interessante: Roma o Londra. Londra è la capitale del capitalismo globalizzato e finanziarizzato, che se la cava con il liberismo in un ciclo ormai quasi trentennale, ma ha pagato il prezzo di una decomposizione strutturale dell’etica pubblica, soprattutto nel campo della bioetica, dove ormai tutto è possibile, compreso il commercio degli ovuli, in nome di un’idea assurda e anarchica di libertà della ricerca. Roma è un luogo della tradizione spirituale occidentale che può tornare a esercitare un suo peso simbolico anche nel modello politico. E Tremonti cita un articolo da lui stesso firmato nel 1999, in cui si parlava del sicuro futuro politico di «questa Chiesa» cattolica.

Queste idee di Tremonti sono ovviamente discutibili, e saranno discusse anche in nome della laicità, vista l’avversione che mostrano anche nei confronti del matrimonio pop, che dovrebbe sostituire la famiglia tradizionale come architrave della vita sociale. Ma, come per tutti gli appelli a una considerazione non sciocca e corriva del peso del passato, come tutte le idee che non accettano il secolarismo andante e conformista dei nostri tempi, hanno un peso e risultano politicamente nuove. Soprattutto in bocca a un economista, a una personalità moderna per studi fatti ed esperienze compiute, che ha cambiato partita in modo abbastanza clamoroso, evolvendo e felicemente contraddicendo parte del suo bagaglio. Le novità nascono anche così. Soprattutto così.


Giuliano Ferrara

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