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Carlo Altomonte

Fabrizio Pagani

DIRETTORE PNRR LAB SDA BOCCONI

GLOBAL HEAD OF ECONOMICS MUZINICH,
SENIOR ADVISOR VITALE & CO
COORDINATORE ADVISORY BOARD PNRR
LAB SDA BOCCONI

Attuazione e investimenti
del PNRR, a che punto siamo?

28 novembre 2023

Martedì 28 novembre Fondazione ResPublica ha organizzato un incontro con Carlo Altomonte e Fabrizio Pagani per il fare il punto sull’attuazione e gli investimenti del PNRR.
Le riforme strutturali (su PA, giustizia, concorrenza) sono abilitanti agli investimenti del PNRR e soprattutto costituiranno un lascito duraturo per la crescita e lo sviluppo del Paese. Il PNRR e alcune misure in essa contenute sono considerati reali catalizzatori degli investimenti privati. Le stesse agenzie di rating nelle ultime loro considerazioni sull’Italia hanno confermato come il pieno dispiegamento dei fondi del PNRR siano fondamentali per riprendere un percorso di crescita.
Con questo incontro abbiamo voluto fare il punto sui progressi compiuti nella
realizzazione degli investimenti e delle riforme programmate.

Nelle ultime settimane la Commissione Eu ha approvato la rimodulazione del Piano su richiesta del Governo italiano e che è stata oggetto di negoziazione negli ultimi dieci mesi.

In sintesi ne emerge un differimento in avanti sia degli obiettivi da conseguire sia degli importi delle rate con cui saranno erogate le risorse dal 2024. La rimodulazione del Piano e del profilo temporale delle rate potrebbe determinare la necessità di un maggiore ricorso al mercato a meno di riduzioni compensative di spese in altre voci del bilancio dello Stato.

Il Governo ha negoziato modifiche sostanziali nella governance (con la creazione di una struttura di missione a Palazzo Chigi) e nei contenuti (modificati progetti per circa il 25% delle misure). Tra le modifiche più rilevanti si evidenzia in particolare:
- la revisione del sistema degli incentivi, e il superamento dei SAD (Sussidi Ambientalmente Dannosi);
- maggiori sinergie tra investimenti pubblici e privati;
- la nuova Industria 5.0, evoluzione di Industria 4.0, che mira a incentivare gli investimenti che abbiano impatti sulla produttività e sulla transizione ecologica.
Secondo i dati del PNRR Lab dell’Università Bocconi, l’Italia è a buon punto nell’attuazione del Piano. La revisione discussa dal Governo Draghi prevedeva di spendere a fine 2023 60 miliardi, il PNRR Lab ne stima circa 50 miliardi. La stima effettiva dovrebbe uscire la settimana prossima.

Questo risultato viene raggiunto grazie alle spese rilevanti del periodo 2022-2023, impegnate a copertura dei crediti di imposta per Industria 4.0 e dei bonus edilizi, ma anche nella prima tranche sugli investimenti (collegati a riforme e infrastrutture).

Tra gli obiettivi raggiunti, collegati alle semplificazioni burocratiche, si cita la
riduzione dei tempi per le autorizzazioni per le installazioni di rinnovabili, scesi del 50%.
Lato PA la digitalizzazione del sistema pubblico sta procedendo coerentemente rispetto agli obiettivi. I tempi della giustizia civile e amministrativa si stanno accorciando e proprio in virtù di questi primi risultati concreti, la Commissione ha chiesto un ulteriore potenziamento dell’ufficio del processo.

In tema riforme molte delle “milestone” che dovremo centrare nel 2024 e 2025 cambieranno nel loro metro di valutazione: non più l’approvazione dell’atto normativo, ma misure ed effetti concreti derivanti da tali atti (riduzione dei tempi, servizi erogati digitalmente etc.).
Sulla sanità ci sono quattordici miliardi di euro previsti, di cui sette miliardi per il fascicolo sanitario elettronico e la creazione di un cloud nazionale, e sette miliardi per la realizzazione di mille case della salute.
Oggi però la vera urgenza è fare delle
riflessioni di politica economica per
programmare oggi cosa fare dopo il 2026 e come far si che gli investimenti che stanno arrivando - nel triennio 2024-26 si concentrerà la maggior parte della spesa in investimento - abbiano un impatto strutturale sulla crescita del Paese.
La riforma della governance europea è vicina all’accordo e imporrà ai Paesi membri piani di revisione della spesa che, molto probabilmente e anche su richiesta dell’Italia, saranno a 7 anni (invece che ogni 4 come inizialmente ipotizzato). La buona riuscita del PNRR è un elemento chiave affinché l’Italia ottenga, in sede europea, un piano di riduzione della spesa pubblica basato su un ciclo settennale invece che quadriennale. Il mondo non finisce con il PNRR: una volta terminato il Piano sarà necessario ragionare su una logica di investimento
di lungo periodo in coerenza con gli
investimenti effettuati.

Oltre alle risorse PNRR abbiamo anche 68 miliardi di fondi strutturali europei: sono risorse che solitamente riusciamo a utilizzare in minima parte (se va bene ne usiamo il 40%) ma che ora, avendo anche l’Italia votato una legge che consente a livello europeo maggiore flessibilità su questi fondi, potranno essere utilizzati, per esempio, proprio per il gap sugli asili.

Il punto di fondo è quindi che il PNRR deve modificare il sistema di programmazione; dobbiamo misurare dove
saremo alla fine del Piano e cominciare a
sviluppare il dopo. Questo cambiamento
sarebbe un lascito epocale del Piano in quanto è molto probabile che il nuovo patto di stabilità e crescita, e i nuovi
programmi comunitari di investimento,
si rifaranno al sistema utilizzato dal PNRR, che richiede investimenti, riforme e un monitoraggio costante sui risultati.

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