Seminario sul tema della politica energetica con la partecipazione dell’Amministratore Delegato di Edison, Umberto Quadrino.
Considerazioni macroeconomiche Per parlare di energia è necessario valutare diversi fattori:
Oltre 1,6 miliardi di persone al giorno d’oggi non hanno accesso all’energia elettrica: dal momento che la vita moderna non può prescindere dall’energia, è logico pensare che la domanda sia destinata a crescere significativamente nei prossimi anni;
Analizzando i trend storici dei tassi di crescita della domanda di energia si può notare come a fronte di un incremento di un punto percentuale del prodotto interno lordo, la domanda di energia cresca di circa lo 0,6%;
L’aumento della domanda di energia di Cina e India è complessivamente del 6% annuo.
Principali metodi di produzione di energia
nucleare;
carbone;
petrolio;
gas;
rinnovabili (principalmente idroelettrico, eolico, fotovoltaico e biomasse).
Non prendiamo in considerazione l’idrogeno, in quanto le tecnologie che consentono un suo sfruttamento come fonte energetica non sono attualmente disponibili e potrà probabilmente essere preso in considerazione solamente tra qualche decina d’anni. La politica energetica di un paese è dunque basata sulla scelta di un mix di questi cinque tipi di fonti di energia, tenendo in considerazione:
l’impatto ambientale;
i costi di produzione;
la sicurezza degli approvvigionamenti;
Durata delle risorse naturali e tecnologie di generazione elettrica
Petrolio: la durata delle riserve di petrolio è un tema molto dibattuto. L’ultimo giacimento “gigante” è stato scoperto circa 10 anni fa, ma si stanno moltiplicando le iniziative in esplorazione, incentivate anche dall’alto prezzo del greggio, per portare alla luce potenzialità al momento inespresse. Tutti gli osservatori sono tuttavia concordi nel ritenere che le risorse di petrolio siano destinate a terminare. Inoltre, oltre il 60% delle riserve mondiali sono situate in Medio Oriente. Gas naturale: per il gas la situazione è decisamente migliore, anche se molte riserve si trovano in Paesi politicamente instabili. I cicli combinati a gas sono peraltro la tecnologia termoelettrica più efficiente (56-57% rispetto a un 39% di una centrale tradizionale) ed eco-comaptibile (emissioni di CO2 inferiori del 50% rispetto a una centrale a carbone) oggi disponibile. Va inoltre considerato che Medio Oriente e la Russia detengono oltre il 60% delle riserve mondiali, dato che fa sì che oggi il mercato sia in mano ai produttori. Carbone: la disponibilità di carbone è maggiore ed è presente in un numero maggiore di Paesi rispetto agli idrocarburi. Inoltre, il costo del carbone negli ultimi mesi è cresciuto significativamente, spinto soprattutto dall’incremento della domanda nei Paesi asiatici e, soprattutto, durante la combustione il carbone emette grandi quantitativi di CO2 (il doppio di un ciclo combinato a gas naturale), ritenuta fra i principali responsabili dell’effetto serra e dei mutamenti climatici. Se da un lato quindi le centrali a carbone contribuiscono a diversificare le fonti energetiche, dall’altro la loro convenienza economica è destinata a calare in quanto il costo di generazione dovrà inglobare il costo dell’impatto sull’ambiente, delle emissioni. Nucleare: anche l’uranio, in base alle attuali tecnologie, è destinato a terminare in qualche decina di anni. La generazione elettrica basata su questa fonte non emette peraltro CO2 e il costo di produzione è competitivo rispetto alle altre fonti, anche tenuto conto dei costi di gestione delle scorie e del decommissioning. Rinnovabili: non emettono anidride carbonica e vanno quindi incentivate il più possibile. Ma, anche sfruttando al massimo le attuali tecnologie, le fonti rinnovabili arriverebbero a contribuire ad una quota prossima al 20% del fabbisogno mondiale nel 2030. Le rinnovabili non possono quindi soddisfare completamente l’incremento della domanda energetica. Inoltre i costi di produzione sono decisamente superiori a quelle delle altre fonti: rispetto a un ciclo combinato a gas, l’eolico costa il 20% in più, il fotovoltaico addirittura il 600%. La proposta della Commissione Europea per il 2020:
Aumentare il risparmio energetico del 20%;
Aumentare al 20% l’incidenza delle fonti rinnovabili sul mix produttivo;
Ridurre le emissioni di CO2 del 20%.
Si tratta di obiettivi molto ambiziosi da raggiungere. In generale, per ridurre i consumi del 20% è necessaria una riduzione dei consumi di circa l’1% annuo, dato in contrasto con i trend storici menzionati in apertura. Ma il risparmio energetico è uno strumento fondamentale da perseguire e su cui è ancora necessario investire molto, ad esempio:
sostituire tutte lampadine di vecchia generazione con quelle a basso consumo (consumano 20% in meno);
coibentare tutte le abitazioni: questo è fattibile per i nuovi immobili, ma come intervenire sulle vecchie abitazioni?.
Per arrivare alla sostituzione/coibentazione integrale sarebbe necessario intervenire a livello normativo con divieti accompagnati da forti incentivi (ad esempio: dichiarare illegali le precedenti lampadine e abitazioni obbligando tutti al cambiamento). Anche l’incremento dell’incidenza delle rinnovabili sul mix energetico al 20% è un obiettivo molto sfidante. Il potenziale dell’idroelettrico è infatti già quasi interamente sfruttato, quindi l’eventuale incremento del suo utilizzo è molto modesto. L’energia eolica ha buone potenzialità e le aziende, come Edison, stanno investendo significativamente su questa risorsa. Il suo sviluppo è tuttavia vincolato alla ventosità e purtroppo l’Italia è un paese poco ventoso e poche sono le zone utilizzabili a questo scopo.. L’energia fotovoltaica, con le attuali tecnologie, oltre ad essere legata al numero di ore di sole richiede l’utilizzo di ampie superfici. L’approvvigionamento delle biomasse, infine, può avvenire tramite due modalità: importazione o coltivazione. Nel secondo caso, si è stimato che per rispondere alle richieste dell’Unione Europea sarebbe necessaria una superficie di coltivazione pari a 6 volte la superficie della Svizzera. Inoltre, si sono già registrate tensioni sui prezzi delle derrate alimentari, derivanti dalla concorrenza fra coltivazioni per uso alimentare e per uso “industriale”. Infine, per ridurre del 20% le emissioni di CO2 è necessario investire su quelle tecnologie a basse o nulle emissioni. Come abbiamo visto, le uniche tecnologie “carbon free” sono le rinnovabili e il nucleare, mentre fra quelle termoelettriche “tradizionali”, il gas è di gran lunga preferibile al carbone, tanto che, se volessimo rispettare questi obiettivi, non solo non dovremmo varare nuovi investimenti in centrali a carbone, ma addirittura dovremmo chiudere quelle esistenti. Non esiste una soluzione unica e il nucleare non è La soluzione, ma probabilmente non c’è una soluzione senza prendere in considerazione anche il nucleare. Ma per questo serve un dibattito non ideologicizzato e una seria riflessione di politica energetica Politica Energetica
È un tema difficile da affrontare. Sicuramente, nel settore dell’energia non può essere il mercato l’unico arbitro perché le sue logiche sono sempre di breve-medio periodo mentre le decisioni di investimento degli operatori energetici abbracciano archi temporali più lunghi, addirittura fino ai 40 anni. Ad esempio, per poter cambiare il mix energetico di un Paese serve un arco temporale di almeno 15-20 anni. L’Italia ha appena concluso un nuovo ciclo di interventi, il più importante in Europa, che ha portato alla realizzazione di nuova capacità produttiva per circa 20 Gigawatt, prevalentemente basata sui cicli combinati a gas. Il problema più imminente per l’Italia oggi è quindi quello delle grandi infrastrutture per importazione del gas, oltre all’acquisto di tale materia prima a prezzi competitivi. L’Italia è il primo investitore europeo in energia
Investimento in nuova capacità produttiva:
Italia: 20.000 MW;
Spagna: 6.000 MW;
Francia: 1.300 MW.
Sicurezza dell’approvvigionamento
Il gas naturale europeo è localizzato prevalentemente nel mare del Nord ma i giacimenti sono in esaurimento. Si stima che nei prossimi 15 anni vi sarà una riduzione della produzione di gas naturale di circa 100 miliardi di metri cubi, a fronte di un aumento della domanda di 100/150 miliardi di metri cubi: ne deriva che l’Europa avrà bisogno di importare circa 250 miliardi di metri cubi di gas in più. Da dove potrà provenire tutto questo gas? È incerto se la Russia, che oggi soddisfa circa il 30% del fabbisogno europeo, potrà effettivamente far fronte a tutte le ulteriori richieste di gas dall’estero, considerando che anche la domanda interna russa dovrebbe aumentare. Nel 2008-2009 è comunque previsto un aumento della capacità produttiva del Gasdotto TAG tra Italia e Russia per complessivi 13 miliardi di metri cubi all’anno. Altro fornitore tradizionale è l’Algeria, che copre circa il 30% del fabbisogno italiano e con cui Edison sta sviluppando un nuovo gasdotto, Galsi, che nel 2012 consentirà di importare 8 miliardi di metri cubi all’anno (2 dei quali appannaggio della stessa Edison). Nel 2008-2009 entrerà inoltre in funzione il potenziamento del gasdotto TTPC, per complessivi 13 miliardi di metri cubi (di cui Edison ne ha contrattualizzati 2). Ma per incrementare la sicurezza degli approvvigionamenti è necessario diversificare le fonti di approvvigionamento e costruire nuove infrastrutture. Edison è impegnata nella costruzione del rigassificatore di Rovigo, il primo al mondo offshore, che dalla fine del 2008 porterà in Italia gas dal Qatar (6,4 miliardi di metri cubi all’anno), Paese sino a oggi non collegato con l’Europa. Infine, Edison sta realizzando il gasdotto che collegherà l’Italia alla Grecia e, attraverso la Turchia, alle aree del Mar Caspio dove si trovano grandi riserve di gas. Il sistema dei gasdotti, chiamato ITGI, sarà pronto nel 2012 e Edison sta trattando con l’Azerbaijan le forniture di gas, anche in questo caso le prime che arriveranno in Europa da questo Paese. La debolezza dell’Italia è inoltre sull’upstream. Purtroppo, come nel Mare del Nord, anche la produzione di idrocarburi in Italia sta calando. In Italia potrebbe essere utile, al fine di stimolare e indirizzare i nuovi investimenti, una nuova legge obiettivo in materia energetica.
È importante utilizzare e massimizzare ciò che esiste;
È necessaria una riflessione concreta e non ideologica sul nucleare.
Però, se si intraprende la via del nucleare, serve un progetto serio. Non basta la realizzazione di una centrale “simbolica” che non risolverebbe i problemi del Paese, non potrebbe sfruttare le economie di scala associate allo sviluppo di un parco di centrali e non sarebbe sufficiente per incidere sul mix energetico italiano. Una centrale mediamente ha infatti una potenza di 1.000 Megawatt, ma per poter incidere sul mix è necessaria una capacità installata di almeno 10.000 Megawatt. Realizzare un programma nucleare è un obiettivo raggiungibile solo se vengono coinvolti tutti gli stakeholder, viene fatta una adeguata campagna di comunicazione sugli effettivi benefici e sui costi e si sviluppa un progetto credibile, dall’identificazione dei siti alla gestione delle scorie. Conclusioni:
Kyoto è un problema reale che riguarda tutto il mondo e anche gli Stati Uniti stanno avviando iniziative di in materia di CO2;
La modifica del mix energetico richiede decenni, è quindi necessario decidere adesso quale debba essere il futuro energetico;
È necessario intervenire sul mix energetico;
Il carbone non rappresenta una soluzione perseguibile;
L’energia rinnovabile è oggi molto costosa e tale costo si rifletterebbe sui consumatori finali;
Il costo del gas è cruciale per la determinazione del prezzo dell’energia;
Non è detto che la Russia sia in grado di soddisfare la crescente domanda di gas europea;
Bisogna controllare tutta la catena produttiva;
Il costo di trasporto incide pesantemente sul prezzo finale, quindi nella scelta della localizzazione delle infrastrutture bisogna tenerne conto;
L’Italia ha la possibilità di diventare un HUB energetico a patto che trovi fonti di approvvigionamento convenienti;
La carenza di gas in Italia sarà risolta a partire dal prossimo inverno;
È importante considerare il ruolo strategico del nucleare sia intermini di impatto ambientale che in termini di costi.