Michele Norsa, amministratore delegato di Salvatore Ferragamo spa, analizza la situazione del settore del lusso e del Made in Italy all’interno del presente contesto economico.
Sembrano errate le previsioni di chi riteneva il settore del lusso immune dalla crisi economica e di chi prevedeva una rapida ripresa: i dati delle vendite segnalano difficoltà che si sono immediatamente riflesse sulla spesa in comunicazione e pubblicità.
La situazione del Giappone, primo mercato del lusso per spesa pro capite, insegna che la crisi potrebbe avere un andamento a “L”: alla fine della crisi l’economia si attesterebbe, cioè, ad un livello più basso di consumi e questo potrebbe determinare una riduzione di lungo periodo del mercato del lusso.
Capire come rispondere alla crisi è ancora difficile, in quanto non siamo in grado di fare previsioni certe sull’entità e sui tempi. Per il nostro Paese, evidenzia Norsa, oltre ad un’attenzione al rilancio del turismo, sarebbe importante un ritorno al manifatturiero con riorganizzazioni aziendali per il riequilibrio delle risorse umane disponibili verso funzioni più operative.
Il settore del lusso ha subìto negli anni anche una seria trasformazione nelle modalità di gestione, dovute al passaggio da mercati nazionali a uno globale e dall’espansione dei perimetri dell’offerta. Se quindi in una prima fase di sviluppo i titolari dei marchi più famosi erano impegnati in prima persona, oggi si è imposta la creazione di strutture più complesse e brand che non sempre sopravvivono al fondatore.
La previsione è che da questa crisi emergerà un consumatore più attento, maggiormente orientato verso i prodotti core dell’azienda e quelli in grado di offrire la stessa funzione a un prezzo più basso. Questo spostamento trova conferma nella diffusione e nella performance degli outlet, un tempo strumento per la vendita delle collezioni superate o dell’invenduto, ma oggi canale principale per alcuni brand.
Le imprese del lusso potrebbero pertanto focalizzarsi su linee a prezzi più contenuti. Ciò nonostante il valore dei marchi affermati non dovrebbe diminuire: i Paesi emergenti riconoscono un valore a chi ha alle spalle una solida tradizione e, per questo motivo, il “Made in Italy” rappresenta un vantaggio competitivo.
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