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Incontro con Enrico Cisnetto

Enrico Cisnetto, editorialista, opinionista e presidente della Fondazione Società Aperta, a “59 minuti con…” fa il punto sulla situazione economica in Italia.

Martedì 24 febbraio ha avuto luogo un altro incontro di “59 minuti con…”, l’iniziativa della Fondazione che riunisce attorno ad un tavolo giovani imprenditori e figure di spicco del mondo sociale ed economico. Secondo il relatore, Enrico Cisnetto, sulla genesi della crisi mondiale che stiamo vivendo si è molto dibattuto in questi mesi, mentre ancora poco si è evoluta la discussione sulle possibili soluzioni applicabili.

Nel nostro Paese, le conseguenze della crisi internazionale si sono sommate ad un contesto di “declino strutturale” cominciato negli anni Novanta, quando non si è riusciti a cogliere i cambiamenti determinati dalla caduta del muro di Berlino, dalla globalizzazione, dalla moneta unica europea e dalla creazione di nuovi strumenti finanziari sui mercati internazionali.

In Italia si sono conservati i modelli industriali e sociali ereditati dal passato, non in linea con le nuove sfide mondiali. Allo stato attuale possiamo però affermare che in questa crisi vi è stato il superamento della contrapposizione tra liberisti e statalisti sul ruolo dello stato nell’economia, nella consapevolezza che oggi è impensabile non ipotizzare un coinvolgimento pubblico. Nella situazione italiana, caratterizzata da elevato debito pubblico, si è creata la contrapposizione tra chi invoca una spesa significativa rimandando i problemi legati alla crescita del debito, e chi preme sulla necessità di evitare una sua ulteriore esplosione. Per ora l’emissione di nuovo debito sembrerebbe una strada da evitare secondo la maggioranza degli economisti, a meno che la crisi non si prolunghi. Per contrastare la recessione si è pensato di intervenire con una manovra di spesa pari ad un punto percentuale del PIL. Tuttavia un intervento potrebbe dirsi efficace solo se pari ad almeno 200 Mld di euro (12% del PIL). Le fonti per reperire una tale cifra sono note, in quanto si tratta delle maggiori voci di spesa del nostro Paese: la previdenza, la sanità, l’apparato istituzionale e il debito pubblico. 1) Per reperire fondi dalla previdenza sarebbe necessario un aumento significativo dell’età pensionabile. Si potrebbe “approfittare” dello stato di emergenza dovuto alla crisi per attuare queste riforme, anche se la percezione presso la popolazione della gravità della crisi non è tale da rendere possibili azioni di questo tipo. 2) La spesa sanitaria pesa per circa la metà sulla spesa totale e l’allocazione della responsabilità, passata a livello regionale, ha contribuito ad un aumento significativo di questa, accompagnato dalla scarsa trasparenza sui costi. 3) La questione istituzionale si collega alla svolta federalista in atto. Per ora i maggiori poteri nelle mani degli enti locali hanno comportato un aumento della spesa pubblica o ostacolato decisioni prese dai livelli più a monte con conseguenti sprechi di denaro. Tra le varie ipotesi si potrebbe considerare l’abolizione delle province (ipotizzabili in 17 Mld di minori spese) e l’accorpamento dei Comuni più piccoli, ma anche di alcune Regioni, in modo da creare dei bacini, in linea per esempio con le dimensioni dei Lander tedeschi. 4) La riduzione del debito consentirebbe di ridurre l’entità degli interessi passivi pagati (nel 2008 erano pari a 80 Mld di euro). La proposta del Prof. Guarino relativa alla creazione, e alla quotazione in borsa, di una società ad hoc detentrice di tutti i beni e delle attività pubbliche consentirebbe una riduzione del debito del 30% circa.

Nel nostro Paese esiste anche un problema “politico” per il quale il sistema maggioritario è responsabile di un dualismo e di un’alternanza costante che impediscono di dare vita a governi di coalizione con ampie maggioranze sui temi sensibili. Inoltre, la crisi sta attualmente “mordendo” un numero limitato di persone e gli appelli all’ottimismo da parte del governo funzionano sulla percezione diffusa, per questo è ancora difficile toccare i quattro punti sopra esposti. Una volta ottenute le risorse aggiuntive, rimarrebbe però il problema della loro allocazione. Tra le necessità più urgenti vi è la definizione di una chiara politica industriale basata su una strategia di lungo periodo, facendo dell’Italia un hub per i rapporti tra l’Europa occidentale e l’Asia, valorizzando il settore turistico, ristrutturando il settore manifatturiero e investendo in mobilità, infrastrutture ed energia.

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